Le ville di Stabia
Da “Quaderni di Arché 43″ con testi di Marco Giglio e Rosario Serafino a cura del Gruppo Archeologico Napoletano, Via S. Liborio 1 – 80143 Napoli. Sito internet: www.ganapoletano.it
La storia
L’area nella quale doveva sorgere l’antica città di Stabiae era attraversata fin dall’VIII – VII sec. a.C. dalla strada che dal porto posto alla foce del Sarno conduceva nell’entroterra in direzione di Nuceria. Proprio a questo periodo risalgono le tombe a cassa in blocchi di tufo o calcare ritrovate nella necropoli di Santa Maria delle Grazie (sull’attuale strada per Gragnano) caratterizzate da corredi tombali con oggetti ceramici, in bronzo ed in ferro. Nella stessa area ed in altre poste nelle vicinanze di Castellammare di Stabia sono venute alla luce altre necropoli con corredi ricchissimi che vanno dall’VIII fino al I secolo a.C. e che testimoniano la continuità di un abitato che, peraltro, non è stato ancora completamente individuato.
Di sicuro l’abitato stabiese condivise le sorti storiche dell’intera vallata del Sarno e dall’ VIII e fino al V secolo a.C. esso fece parte dell’ambito politico-culturale etrusco. Successivamente, con l’arrivo dei Sanniti, entrò a far parte della confederazione nucerina adottando la struttura politica ed amministrativa di Nuceria della quale divenne anche il porto militare. Con l’arrivo dei Romani, nella guerra sociale degli alleati italici contro Roma per ottenere il diritto alla cittadinanza romana, la confederazione nucerina alla fine si schierò con gli italici ed a causa della sua posizione strategica, Stabiae venne distrutta da Silla il 30 aprile dell’89 a.C.
Da tale completa distruzione Stabiae non si risollevò più riducendosi a centro termale e di villeggiatura. L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. seppellì anche le ville stabiane, ma la zona non venne completamente abbandonata ed ancora nel secolo successivo alcune testimonianze esaltano le virtù della acque termali stabiane.
La scoperta
I primi ritrovamenti nel territorio stabiano si hanno nel settecento. Furono i Borboni a portare alla luce ben diciotto ville comprese quelle di S. Marco e di Arianna. Esse finirono per essere depredate e ricoperte. Solo nel 1950, per iniziativa di Libero D’Orsi iniziarono scavi regolari che hanno riportato alla luce le ville oggi visitabili.
L’ubicazione dell’area urbana
Le scarse testimonianze sull’abitato stabiano ne hanno reso molto difficile l’ubicazione e la ricostruzione. L’area urbana sembrerebbe localizzata nella zona orientale a monte della città moderna. Confermerebbero tale ipotesi la strada con botteghe scavata a nord-est della villa di San Marco e l’individuazione delle mura sannitiche a circa 200 metri dalla stessa villa.
La villa di Arianna
Esplorata in parte e saccheggiata in epoca borbonica, la cosiddetta Villa di Arianna si estende sul ciglio della collina di Varano in posizione panoramica. Deve il suo nome al quadro principale del triclinio estivo raffigurante Arianna.
Si accede alla villa attraverso una scala che immette in un ampio peristilio con colonne in opera listata (due filari di laterizi e uno di blocchetti di tufo) rivestite in stucco bianco. L’ambiente misura 104 metri in lunghezza ed 81 metri in larghezza, ma attualmente non è stato interamente scavato. Su lato dal quale si accede oggi, sono situate sulla sinistra dell’ingresso alcune stanze decorate con mosaici di buona fattura. Sembra probabile che il peristilio, orientato diversamente rispetto al resto della villa, sia stato aggregato successivamente al complesso. Da un passaggio sulla destra si accede ad un camminamento panoramico lungo il quale si aprono una serie di ambienti. Si incontrano subito una diaeta con anticamera decorata con uno zoccolo figurato giallo (paesaggi), predella bianca (con mostri marini e paesaggi con pigmei) e zona mediana bianca (con tralci e coppie di amorini in volo al centro dei pannelli). Segue un bel triclinio estivo che evidenzia il perfetto gioco di luci ed ombre creato grazie a larghe finestre e pozzi di luce laterali. A seguire è un’altra diaeta posta simmetricamente alla prima rispetto al triclinio estivo. L’anticamera ha il pavimento a mosaico bianco con rettangoli neri e zoccolo figurato nero mentre la diaeta ha un mosaico bianco con meandri e quadrati neri e zoccolo figurato giallo. Alle pareti è presente una raffinata decorazione con candelabri, coppie di figurine aggrappate a tralci, uccelli, farfalle e cavallette. Alcuni particolari furono distaccati dai Borbone (in parte sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli).
Proseguendo nel percorso si entra in un piccolo corridoio: a destra è una stanza che presenta una decorazione molto particolare. Si tratta di una folta rete di diagonali e di orizzontali e verticali impresse con un cordoncino nell’intonaco fresco così da creare l’illusione di “piastrelle”, successivamente dipinte. Le raffigurazioni presentano amorini, uccelli, figure femminili, medaglioni e rosette. Lo zoccolo rosso presenta mostri marini cavalcati da amorini e figure umane. Continuando a percorrere il corridoio si giunge a due cubicoli. Quello a destra dipinto in giallo conteneva quadretti con satiri e guerrieri sdraiati. Quella di sinistra dipinto in rosso cupo, lo zoccolo nero era ornato di figure femminili sedute. Al centro delle pareti sono menadi ed amorini.
Usciti dal corridoio si incontra una stanza d’angolo con pitture rovinate perché picchettate dagli scavatori borbonici al fine di impedire che altri potessero impossessarsene. Si entra poi in un ampio triclinio con affreschi di quarto stile. Nella parete di fondo il quadro centrale raffigura Arianna abbandonata da Teseo a Nasso mentre dorme in grembo al Sonno e Dioniso la scopre. Il quadro a destra dell’anticamera raffigura Ganimede rapito dall’aquila e portato davanti al trono di Giove.
Si entra così nel reparto balneare della villa attraverso un cortile con vasca sul quale si apre a destra la cucina. Addentrandosi si nota a destra il calidarium absidato con vasca preceduto dal praefurinum. Ritornati sul lungo camminamento panoramico si entra nell’atrio tuscanico della villa decorate con affreschi del terzo stile. Nello zoccolo delle pareti dell’impluvium si conserva ancora qualche traccia del rivestimento marmoreo originario. Nel cubicolo a destra il pavimento a mosaico presenta un singolare motivo di “scendiletto” tra anticamera ed alcova. Dal fondo dell’atrio si accedeva ad un peristilio quadrato scavato in epoca borbonica e poi ricoperto. Ai lati sono due cubicoli con decorazione di secondo stile a finta incrostazione e con soffitto a cassettoni. Usciti dall’atrio si raggiunge un piccoli cortile con scala di accesso al primo piano. Al di là del cortile si nota un vicolo che separa la villa di Arianna dal cosiddetto secondo complesso di Varano. Degli ambienti che seguono sono da ammirare i pavimenti a mosaico a fondo nero e gli affreschi di terzo stile molto frammentati. In fondo è il peristilio in parte franato per lo smottamento del terreno a valle.
Villa di San Marco
Costruita in età augustea, la villa venne successivamente rimaneggiata con l’aggiunta di un giardino triportico. Per ciò che concerne la proprietà della villa, si presume che essa appartenesse ai Virtii, i cui sepolcri furono rinvenuti nell’ottocento poco distanti dal complesso.
L’ingresso alla villa è preceduto da un portichetto con sedili per i clientes. Si accede all’atrio tetrastilo ionico con zoccolo figurato nero ove sono rappresentati centauri rampanti e pelli di pantera.
Sulla destra dell’atrio si accede ad un tablino che immette in un portico che costituiva l’ingresso alla villa dalla strada. In questi ambienti furono recuperate due statue in bronzo raffiguranti Mercurio seduto ed un corvo a grandezza naturale.
A sinistra sono due pietre di fondazione per la cassaforte. Segue il larario decorato a finto marmo alle spalle del quale è la cucina. In fondo all’ambiente a destra dell’ingresso è dipinta una situla (secchiello per il latte sacro) per il culto di Iside. Alle spalle di questo ambiente è un corridoio di servizio che conserva mosaici ed affreschi più antichi, sopravvissuti ai rifacimenti della villa.
Si accede alla zona balneare di notevoli dimensioni il cui ingresso è costituito da un piccolo atrio tetrastilo dipinto in quarto stile: i riquadri raffiguranti amorini lottatori, un pugile seduto su un rullo compressore ed un altro in piedi sono attualmente all’Antiquarium di Stabia. Si passa nel tepidarium, sostenuto da suspensurae e dipinto in terzo stile a fondo nero. Affianco è il calidarium con grande vasca rivestita in marmo appoggiata su suspensurae e con caldaia in bronzo disposta al centro di essa: la stanza è dipinta in quarto stile. Infine si accede al frigidarium un tempo rivestito di marmo con abside e grande vasca. Da questa parte della villa era possibile, tramite scale e rampe, discendere verso il mare.
Si entra così nell’ampio giardino porticato con piscina lungo la quale erano due filari di platani. In fondo al giardino è dipinta una facciata di ninfeo con fontana centrale. Le nicchie lungo la piscina erano rivestite con mosaici e stucchi, alcuni dei quali andati perduti. In fondo ai portici laterali si aprono sale di riposo con ampie finestre. Quella di sinistra è affrescata con Perseo e Cassandra mentre il soffitto presenta una falsa cupola con una Vittoria alata al centro. nella stanza attigua è dipinto “il ratto d’Europa da parte di Giove (sotto forma di toro)”. Il porticato superiore, crollato, presentava colonne tortili con scanalature.
Da “Quaderni di Arché 43″ con testi di Marco Giglio e Rosario Serafino a cura del Gruppo Archeologico Napoletano, Via S. Liborio 1 – 80143 Napoli. Sito internet: www.ganapoletano.it