L’insediamento di Longola-Poggiomarino è situato sul margine orientale della valle del Sarno, alle falde del Vesuvio.
I primi ritrovamenti avvennero in modo del tutto casuale nel 2000, nell’attuale località di Longola durante i lavori di costruzione del depuratore per le acque reflue di Poggiomarino e Striano.
I dati relativi all’insediamento sono ancora preliminari ed introducono nel quadro della protostoria campana elementi del tutto nuovi, che si collegano ad evidenze identificate anche in altre regioni italiane. Gli scavi sono condotti sotto la direzione scientifica del prof. Claude Albore Livadie.
L’insediamento, al quale corrisponde una necropoli a inumazione della facies delle tombe a fossa nel sito di Poggiomarino, occupa un’area pianeggiante, a breve distanza dal Sarno, da cui sono noti le necropoli e gli abitati di Striano, San Valentino Torio, San Marzano sul Sarno.
Si estende su oltre 7 ha, ed è costituito da isolotti artificiali separati da canali e completamente circondati dall’acqua. Gli argini dei canali che regolavano il livello dell’acqua sono stati modificati e rinforzati nel corso del tempo in relazione a operazioni di ampliamento degli isolotti.
La fine dell’insediamento avviene al termine del periodo cosiddetto Orientalizzante, quando tutti i canali, vengono riempiti da materiale alluvionale proveniente da monte.
Le dimensioni delle piattaforme variano nel corso del tempo: gli ampliamenti venivano ottenuti con la costruzione di nuovi argini formati da pali verticali e traverse, ai quali poi veniva addossata una superficie asciutta più estesa. Le bonifiche per costruire nuove superfici venivano ottenute con discariche di avanzi di ogni genere, specialmente legno; col tempo vennero utilizzati le pomici e stuoie alternate a livelli di limo e di ceneri.
Le piattaforme sono di forma absidata, con l’ingresso su uno dei lati lunghi. All’interno potevano esservi divisioni interne dello spazio, con una piastra di cottura nell’area centrale. Le pareti sono a graticcio sostenuto da pali verticali a sezione piatta. Probabilmente una parte delle sezioni protette doveva essere utilizzata per attività produttive.
Le aree di attività metallurgica sono numerose, e i metalli comprendono piombo, bronzo, ferro e oro. Venivano prodotto ornamenti, armi, coltelli, strumenti da lavoro. Inoltre è anche attestata la lavorazione dell’ambra, e un’abbondante produzione di ceramica che si datano, in cronologia tradizionale, intorno alla metà dell’ VIII secolo a.C.
La sussistenza era basata su semi, frutti, cereali e fave coltivate, e sulla raccolta di frutti selvatici, come nocciole, fichi, more.
Le faune comprendono sia le specie domestiche (cavallo e cane), sia resti di animali selvatici (cervo, cinghiale, orso, lepre, volpe).
Le caratteristiche di questo complesso, non sono di semplice lettura, poiché i dati disponibili sono ancora pochi. Sembra tuttavia chiaro il collegamento funzionale fra la scelta di un ambiente umido e la pratica sistematica di attività produttive, per le quali venivano costruite strutture artificiali completamente circondate dall’acqua. Le piattaforme artificiali possono infatti apparire completamente funzionali a produzioni intensive, in particolare piro-tecnologiche, perché la disponibilità illimitata di acqua rappresenta una risorsa cruciale dal punto di vista pratico e della sicurezza degli operatori.
La possibilità che le abitazioni fossero collocate su singole piattaforme completamente circondate dall’acqua sembra una soluzione poco pratica, come è indicato anche dal fatto che negli abitati in ambiente umido le case venivano costruite su piattaforme di legno che permettevano il passaggio all’asciutto da un’abitazione all’altra.
Tuttavia, il problema principale è l’interpretazione da dare a questo tipo di sito. La posizione relativamente lontana dalla costa è stata scelta per la presenza di una zona umida che doveva rappresentare una condizione più favorevole rispetto alla vicinanza del mare.
Inoltre, la quantità consistente di ceramica di tipo villanoviano implica probabilmente una frequentazione del sito da parte di più comunità, anche differenziate dal punto di vista etnico e culturale.
L’insieme di queste caratteristiche, indica che il sito era un grande centro di acquisizione e trasformazione di materie prime e di produzione di manufatti su una scala superiore alla domanda locale; un emporio, strutturalmente omogeneo rispetto al quadro delle produzioni artigianali e dello scambio che si delinea in Italia a partire dall’età del bronzo finale.
Infine, la possibilità che il motore di una situazione di questo tipo sia costituito dalla presenza e dall’attività fenicia nel Mediterraneo centrale, sembra probabile.
Rectius “LONGOLA”.