Intorno alla metà dell’XI secolo, il sud Italia era diviso. L’impero bizantino dominava la Puglia e la Calabria, c’erano tre principati longobardi (Salerno, Capua e Benevento) e tre repubbliche marinare (Napoli, Gaeta e Amalfi). La situazione di conflitto permanente portò alcuni grandi signori a ricorrere al reclutamento di mercenari normanni. Tra questi giunsero i figli di un valvassore della Penisola di Cotentin, Tancredi d’Altavilla, principe normanno che secondo le cronache ebbe dodici figli. dalle sue due mogli.
Nel 1041, i due figli maggiori di Tancredi, Guglielmo e Drogone, si misero al fronte delle truppe nella guerra tra i diversi clan. Ma proprio allora si distinse colui che con il tempo sarebbe diventato il figlio più famoso di Tancredi, Roberto il Guiscardo, il quale decise di impossessarsi della Calabria bizantina. La sua carriera, prima al fronte di una confederazione dedita al banditismo e in seguito come un vero e proprio principe che tentava di unire tutti i territorio dell’Italia meridionale, giunge alle orecchie del papa. Con il Trattato di Melfi dell’anno 1059, furono regolati i rapporti tra il pontefice e le due casate: il papa Niccolò II consegnò infatti come feudi a Roberto il Guiscardo i ducati di Puglia, Calabria e Sicilia e a Riccardo di Aversa, cognato di Roberto, il principato di Capua. In questo modo, la Curia pontificia sancì la legalità degli Stati normanni.
Gli anni successivi furono di guerre continue. Roberto lottò contro i Bizantini per il controllo della Sicilia, dove interveniva sempre più un altro dei suoi fratelli, Ruggero di Sicilia. Nel mezzo del conflitto tra il nuovo papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, Roberto si mostrò fermo sostenitore del papato. Di fatto, in tutta Italia c’era solo un guerriero in grado di mitigare la minaccia imposta da Enrico. Tuttavia, Roberto si mostrò reticente nel concentrare tutte le sue forze per offrire un appoggio al papa, assorto in quella che riteneva sarebbe stata l’impresa più grandiosa della sua vita: l’invasione dell’impero bizantino. L’occasione gli era propizia. I Turchi selgiuchidi avevano iniziato la loro avanzata, decisa e implacabile, attraverso l’Anatolia e le provincie asiatiche dell’impero, mentre al confine danubiano i feroci Peceneghi minacciavano di saccheggiare le città della vecchia Tracia e di raggiungere addirittura la stessa Costantinopoli.
Nel 1071, Roberto il Guiscardo si impossessò di Bari e questo gli permise di attraversare l’Adriatico e assediare la fortezza di Durazzo (Durrës) sulle coste dell’odierna Albania. Dopo la sua conquista nel 1081, pensò che l’impero bizantino fosse una preda facile; tuttavia, l’imperatore Alessio I Comneno poteva ancora utilizzare forti motivazioni di ordine diplomatico. Riunì le poche riserve del tesoro imperiale e le inviò all’imperatore Enrico perché incoraggiasse una rivolta in Puglia. Roberto tornò precipitosamente nelle sue terre per il timore di rimanere isolato senza il supporto delle sue basi di uomini e rifornimenti. Questo movimento tattico lo portò a entrare a Roma nell’anno 1084 in aiuto del papa; cacciò l’imperatore dalla città e permise il saccheggio della stessa da parte delle sue truppe. Un anno dopo, pacificata la rivolta dei suoi vassalli, decise di riprendere la guerra contro l’impero bizantino, ma la sua morte glielo impedì, nel luglio del 1085. Aveva ormai settant’anni. La scomparsa di Roberto il Guiscardo mise fine al periodo “eroico” della presenza normanna nel sud Italia.