ECCE HOMO
Ecce Homo, nel Vangelo di Giovanni (Giovanni 9, 15) è un espressione che significa letteralmente Ecco l’Uomo, riferendosi alla frase che Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, rivolse ai Giudei mostrando loro Gesù flagellato.
Ecce Homo è anche la grande biografia di Nietzsche, il testo con cui egli si presenta una volta per tutte al suo popolo di lettori: dove nell’autunno del 1888,
decide di dar vita in una sola settimana al libro conclusivo della sua carriera di grande pensatore e filosofo, all’interno della quale fornisce una spiegazione anche degli altri testi autografi.
Infine, con Ecce Homo, con Ecco l’Uomo, si può racchiudere l’incredibile avventura del genere umano, iniziata ben sei milioni di anni fa con l’Orrorin Tugensis, ed arrivata al nostro stato attuale di Homo Sapiens. Ma come si è arrivati a ciò? Non basterebbe un corso universitario per addentrarsi negli oscuri meandri della tradizione letteraria, religiosa e scientifica che ha cercato di dare una spiegazione ad una degli interrogativi più impellenti del genere umano: Chi siamo e da dove veniamo? Di sicuro non riuscirò io a dare questa spiegazione all’interno dell’articolo, tuttavia cercherò di scalfire almeno in superficie la questione, attraverso una valida bibliografia, cercando di presentare la materia.
Piccola premessa: il mio intento non è di quello di screditare questa o quella “corrente di pensiero” a favore di un’altra, ma quello di presentare la questione della comparsa dell’Uomo da più punti di vista fino ad arrivare alle moderne prove scientifiche della sua evoluzione, cercando di seguire un filo narrativo. Buona lettura!
In principio era…..
« In principio era il Verbo ,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. »Giovanni 1:1-3
« Quando (enu) in alto (eliš) il Cielo non aveva ancora un nome,
E la Terra, in basso, non era ancora stata chiamata con il suo nome,
Nulla esisteva eccetto Apsû, l’antico, il loro creatore,
E la creatrice-Tiāmat, la madre di loro tutti,
Le loro acque si mescolarono insieme
E i prati non erano ancora formati, né i canneti esistevano;
Quando nessuno degli Dei era ancora manifesto.
Nessuno aveva un nome e i loro destini erano incerti.
Allora, in mezzo a loro presero forma gli Dei. »E-nu-ma e-liš, tavola I, versi 1-20
Da passi letterari-religiosi di questo genere si è iniziato a dare forma al mondo, un mondo privo di una visione prettamente scientifica per come lo intendiamo oggi, ma di sicura chiara spiegazione per chi nell’antichità ha dato forma e una ragione d’essere ai grandi interrogativi della vita. In fieri poi si è spiegato sempre secondo questa prassi anche la comparsa dell’Uomo, cercando di colmare il vuoto di quel “Chi siamo“.
“Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”.
Genesi 2, 4-7
“Marduk, udita la dichiarazione degli dèi, il suo cuore lo spingeva a creare nuove meraviglie! Aprì dunque la bocca e disse ad Ea, spiegandogli il progetto che aveva chiuso nel cuore: “Voglio condensare del sangue, costituire un’ossatura e creare così un prototipo umano, che si chiamerà Uomo!”
E-nu-ma e-liš, tavola VI
…..In principio era il piede. Molto meno affascinante e di impatto come incipit, ma quattro milioni di anni fa, quando l’arte della parola e la coscienza non esistevano ancora, i nostri progenitori camminavano in posizione eretta. Il primo grande incipit della nostra specie fu dunque il differenziarsi dalle altre scimmie, che avevano conservato il piede con il pollice opponibile come consuetudine, essendo abitanti delle foreste e di conseguenza arrampicatori.
L’affermazione del bipedismo e di una probabile natura evoluzionistica del genero Homo, e non più creato come si pensava in precedenza in base ai miti e alle credenze religiose, iniziò a venire a galla con alcuni sensazionali ritrovamenti ( in seguito ne vedremo un caso) che minarono dunque alla visione creazionista della nostra Specie. Se da una lato dunque si abbandonò il mito, dall’altra se ne andò a creare un altro di natura mondiale, che segnò la nascita di una chimera.
Nel 1871 venne pubblicato da Charles Darwin “L’origine dell’Uomo”, dodici anni dopo la stesura de “L’origine della Specie“, dove per la prima volta si affermava che l’uomo, al pari di tutte le altri specie, discendeva da qualche forma preesistente. Inoltre con il concetto di selezione naturale si tendeva a considerare l’uomo, spiccare per capacità fisiche e cognitive rispetto sia ai suoi antenati sia rispetto alle altre specie animali. L’idea preconcetta di una netta separazione tra noi e i nostri antenati nasceva da un malinteso, che vedeva i proto- umani perdenti nella lotta per la sopravvivenza in quanto inferiori, e che questa inferiorità portò alla loro estinzioni milioni di anni fa.
Queste ipotesi portarono all’affannosa ricerca del cosiddetto anello mancante, un concetto errato in partenza, dal momento che l’evoluzione presuppone più anelli di collegamento e non uno solo. Questo voler ostentare a tutti i costi questo uomo-scimmia, portò i seguaci di Dawnin alla creazione di una chimera, un ibrido metà uomo e metà scimmia, per soddisfare la ricerca di questo anello mancante. Ciò portò anche alla creazione di falsi ominidi ad opera di archeologi improvvisati, pur di darla vinta all’evoluzionismo e alla teoria di Darwin. Il caso più eclatante fu l’uomo di Piltdown dove si finse il ritrovamento di questo ominide dal cranio umano e dalla mandibola da primate.
LUCY IN THE SKY WITH DIAMONDS
Chi siamo e da dove veniamo? Avevamo iniziato l’articolo in questa maniera, ma durante il Vietnam e poco prima della resa di Saigon, sia i seguaci di Darwin sia i creazionisti dovettero fare i conti con Lucy. Non c’entra l’URSS o la U.S.ARMY, ma abbiamo a che fare con scienziati e ricercatori attivi tra il 1973 e il 1977, che venne definito da alcuni come il periodo dell’oro della paleoantropologia. Nei giacimenti fossili della regione di Afar, nel bacino dell’Hadar, a una sessantina di chilometri da Addis Abeba in Etiopia, furono portati alla luce migliaia di frammenti fossili di ominidi vissuti 3-4 milioni di anni fa.Il 24 novembre 1974, il paleoantropologo Donald Johanson si mise a controllare un punto già analizzato in diverse occasioni senza particolare fortuna. Si accorse che c’era un fossile di un osso, probabilmente di un braccio, e si mise a scavare con cura. Nelle vicinanze la sua squadra iniziò a trovare altri frammenti, sempre più numerosi. Gli studiosi si trovarono di fronte lo scheletro più completo di un antenato umano antico di oltre 3 milioni di anni: ben 52 ossa, tra le quali le ossa degli arti, la mandibola, alcuni frammenti del cranio, costole, vertebre e soprattutto il bacino, che permise di capire che si trattava di una femmina. La sera stessa, riuniti intorno al fuoco i paleoantropologi le diedero un nome: la chiamarono Lucy, prendendo spunto da una delle canzoni che nell’accampamento venivano ascoltate di più: Lucy in the sky with diamonds, dei Beatles. (Fonte Focus.it)
Lucy appartiene agli Australopithecus Afaresis, che si credevano i nostri più antichi progenitori, non solo per la fisionomia e la genetica, ma per ciò che ci ha reso nella prima fase della nostra Storia unici: il bipedismo.
Dal piede, dalla camminata in posizione eretta, abbiamo una sensazionale “foto dal passato” proprio ia un Australopithecus Afaresis. A Laetoli (Tanzania) si trova il Sadiman, un vulcano oggi spento, ma attorno ai 4 milioni di anni fa attivo. In un’eruzione emise una nube di cenere composta di carbonatite, che si depositò nel territorio circostante con uno strato di circa 1,5 cm. Successivamente alla cenere subentrò un momento di pioggia che impregnò la cenere stessa. Lo strato formatosi cominciò a ricevere e trattenere orme. Subentrò poi il sole e lo strato con le impronte si solidificò. Prima che tornasse la pioggia il Sadiman emise un’altra nube di ceneri che si depositarono sul primo strato indurito, coprendo le orme e sigillandole. Tutto ciò si ripeté più volte finché risultando alla fine uno strato di tufo vulcanico di circa 20 cm. Per erosione di un fiumiciattolo, lo strato tufaceo venne alla luce, cosicché nel 1977 si rinvennero le famosissime “orme di Laetoli” che hanno sigillato nel tempo la camminata di un A. Afaresis adulto e del suo piccolo.