I) 29 d.C.: Roma – Muore quasi novantenne l’Augusta Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Ottaviano Augusto, che aveva goduto di grande influenza sia sull’imperatore che sulle istituzioni romane dopo la morte di questi. La sua dipartita avviene nell’indifferenza del figlio Tiberio, che non si muove dalla sua residenza di Capri, che viene vanamente atteso nella capitale per le esequie e i riti funebri della madre: l’imperatore preferisce mandare ai funerali il figlio Caligola, con il compito di pronunciare l’orazione funebre.
Tiberio non volle divinizzare Livia ma anzi, porrà il veto a tutti i titoli che il Senato aveva intenzione di conferire all’Augusta dopo la sua morte, come del resto aveva fatto quando ella era ancora in vita (rifiutandole il titolo di Mater Patriae, poco dopo il 22 d.C.). Su spinta di Tiberio verrà annullato anche il suo testamento.
II) 235 d.C.: Roma – Sotto la persecuzione di Massimino il Trace, il vescovo di Roma (Papa) Ponziano viene arrestato e condannato ai lavori forzati nelle miniere in Sardegna: per la prima volta volta nella storia un papa rassegna le sue dimissioni per permettere l’elezione di un nuovo vescovo al soglio pontificio. Viene arrestato lo stesso giorno anche il “rivale” di Ponziano, l’anti-papa Ippolito, condannato anch’egli alla stessa pena. La rimozione contemporanea dei due papi fa rientrare lo scisma interno alla cristianità: i due papi avranno, durante la breve prigionia, prima della loro morte, anche modo di riappacificarsi.
III) 351 d.C.: Mursa Maggiore in Pannonia (odierna Osijek, Croazia) – Si affrontano in battaglia l’imperatore Costanzo II e l’usurpatore Magnenzio, che aveva fatto uccidere l’imperatore Costante (fratello di Costanzo).
La battaglia avviene il giorno successivo ad una tentata imboscata da parte di Magnenzio ai danni di Costanzo nei pressi di Sirmio. Nei giorni precedenti i soldati di Magnenzio furono sottoposti a continue pressioni psicologiche sia da parte di Costanzo che li invitava a ritornare fedeli alla dinastia dell’imperatore defunto, sia da parte dello stesso Magnenzio, che li convinse a combattere ricordando le vessazioni di Costante. Le forze in campo di Costanzo II erano numericamente il doppio di quelle di Magnenzio, che però poteva contare sulla maggiore esperienza delle sue legioni. Prima della battaglia il comandante della cavalleria di Magnenzio disertò con tutti i suoi reparti schierandosi a favore dell’imperatore legittimo.
A vincere lo scontro, protrattosi fino a notte inoltrata, furono le truppe di Costanzo, che riportarono gravi perdite nonostante la superiorità: Magnenzio fuggì dal campo di battaglia, ma alcuni suoi reparti alla guida del magister militum Marcellino decisero di combattere ugualmente nonostante l’esito scontato. La vittoria di Costanzo II spalancò le porte verso l’Occidente e indebolì notevolmente Magnenzio che riparò in Gallia preparandosi ad un nuovo scontro.
IV) 365 d.C.: Costantinopoli – Il generale romano e cugino dell’imperatore Giuliano, Procopio, approfittando della lunga assenza dell’imperatore si ammutina contro Valente. Le motivazioni di tale usurpazione sono certamente di natura dinastica perché Procopio, approfittando della sua stretta parentela con Giuliano e della simpatia che una parte dell’esercito nutriva verso di lui, si era già allontanato dalle vicende politiche in seguito all’elevazione ad imperatore di Gioviano, che aveva annullato – soprattutto sul piano politico – quanto fatto dal predecessore. Procopio riesce ad ottenere subito l’appoggio di due legioni e organizza un’armata ausiliare servile e formata da volontari. Con un tale spiegamento di forze si impadronisce della capitale d’Oriente senza nessun combattimento: la popolazione della capitale resta neutrale; il Senato invece lo appoggia e gli dona la porpora imperiale. Dopo l’assunzione della porpora, Procopio allarga ulteriormente il consenso tra le fila dell’esercito intorno a sé, riuscendo a persuadere altre guarnigioni stanziate in Tracia a unirsi alla sua sedizione. La propaganda di Procopio, però, subisce un’importante battuta d’arresto nell’Illirico, dove le legioni di stanza sul Danubio si rifiutano di appoggiarlo, precludendogli la possibilità di mettersi al riparo da un’eventuale intervento militare in Oriente dell’imperatore d’Occidente Valentiniano in favore del fratello.
V) 1396 d.C.: Nicopoli (Tracia) – Per liberare Costantinopoli e frenare l’espansione turca si forma una lega cristiana costituita specialmente di Ungheresi sotto il re Sigismondo, Valacchi comandati dal principe Mircea, nobili di Francia e di Germania, cavalieri teutonici e Cavalieri di San Giovanni (di Rodi), che assediano Nicopoli; il sultano Bāyazīd si porta subito ad affrontarli in quella località con forti truppe e vassalli serbi e vince la battaglia. Nonostante le gravi perdite nella battaglia (35.000 uomini) il sultano non ha nessuna pietà nei confronti degli sconfitti: fa uccidere tutti i 3.000 prigionieri ostaggi e risparmia solo i guerrieri più giovani che integra nel suo esercito. Bāyazīd inizia a progettare la conquista di Costantinopoli, progetto interrotto dall’avanzata dei Mongoli di Tīmūr Lenk (Tamerlano).
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