Storia e ruolo della Chiesa bizantina nell’Impero
La storia della Chiesa in Oriente bizantino va di pari passo con la nascita dell’Impero. Sin dalla fondazione della capitale Costantinopoli da parte dell’imperatore Costantino, la Chiesa ha già un ruolo fondamentale all’interno dell’Impero romano, come testimonia il quadro ecclesiastico. Vi erano tre sedi episcopali principali: Antiochia, Alessandria d’Egitto e Roma, il cui ruolo giuridico e privilegiato (liturgia, consacrazione vescovile, norme di disciplina) aveva progressivamente portato i loro vescovi ad emergere rispetto ad altri centri episcopali. Nel linguaggio ecclesiastico questi cominciarono ad essere designati non solo come vescovi, ma arcivescovi e infine patriarchi, la cui definizione di “patriarcato” diverrà tipica delle tre sedi. Perché Antiochia, Alessandria e Roma divennero capisaldi? I motivi sono dovuti innanzitutto a ragioni di tipo storico-religiose. Tutte e tre si fregiavano del principio di apostolicità, in riferimento a San Pietro: (eccettuando Gerusalemme che aveva visto la nascita del cristianesimo e che era stata distrutta) ad Antiochia San Pietro era stato vescovo per un certo tempo, a Roma poiché lì era stato martirizzato (67 d.C.), ad Alessandria poiché fu fondata da un suo discepolo, San Marco evangelista.
Costantinopoli, nuova capitale dell’Impero, priva di una sede patriarcale (inizialmente dipendente da Antiochia), cominciò a reclamare anch’essa una propria valenza religiosa, al pari di quella che aveva avuto ed aveva la vecchia capitale Roma. Il riconoscimento del nuovo patriarcato avvenne nel 381 nel I concilio ecumenico di Costantinopoli con la definizione delle sue aree di competenza; poi nel 451 non vi fu solo la creazione del quinto patriarcato (Gerusalemme, rinata dopo le distruzioni del 70 e del 135 d.C.) ma anche l’elevazione di Costantinopoli ad una sorta di primato (proprio come già nel ruolo politico) sugli altri tre patriarcati compresi all’interno dei confini d’Oriente. Il patriarcato di Costantinopoli, oltre ad estendersi a spese dei patriarcati orientali, riuscì anche ad espandersi nei Balcani, che precedentemente ricadevano sotto il patriarcato di Roma. Se Antiochia, Alessandria e Gerusalemme per certi versi furono gradualmente assorbite dall’autorità bizantina, diversamente accadde con Roma, che oppose una strenua resistenza in virtù del principio “petrino” di Nicea che ne stabiliva il primato universale, mentre invece Costantinopoli lo pretendeva al pari del passaggio del ruolo di capitale politica.
Il ruolo cristiano di Costantinopoli può definirsi egemone al pari della potenza dimostrata dall’Impero: la decadenza si ha quando, nel VII secolo, parte dell’Oriente divenne islamico, i patriarcati lì presenti persero ogni voce in capitolo, lasciando a Costantinopoli il ruolo di unico patriarcato dei territori ancora bizantini. Anche la perdita di Siria ed Egitto non mancò di scatenare attriti tra i patriarcati di Roma e Costantinopoli: quest’ultimo (tramite l’imperatore Leone III nel 732) strappò infatti, sulla base di quanto detto prima, all’autorità romana, le zone occidentali sotto l’autorità bizantina, ossia Illirico, Sicilia, Italia meridionale e Sardegna. La situazione si capovolgerà nuovamente con le crociate, che attuarono un processo di latinizzazione nei territori conquistati agli islamici o agli stessi Bizantini.
La Chiesa orientale, nel corso dei secoli, fu anche scossa da elementi di varia tipologia che, oltre i rapporti turbolenti con Roma e l’Occidente, possono essere generalmente di tue tipi. Premettendo che lo Stato bizantino e la Chiesa bizantina si identificavano l’uno con l’altra e viceversa, molte delle eresie (arianesimo, nestorianesimo, monofisismo, iconoclastia) e nazionalismi diventarono allo stesso tempo un affronto all’autorità “universale” politica imperiale e un affronto all’ortodossia religiosa. La complessità di rapporti tra autorità politiche e religiose differenti impedì allo stesso tempo una soluzione a quelle che erano le principali questioni di dibattito: tetragamia, pentarchia, filioque, Purgatorio, primato romano, eccetera. I nazionalismi finirono a loro volta a definire la nascita di Chiese nazionali, se non di veri e propri patriarcati “autocefali”, come ad esempio quello russo.
La gerarchia ecclesiastica fu grossomodo la stessa di quella della Chiesa latina. La formazione dei quadri della gerarchia ecclesiastica variò continuamente nel corso dei secoli: come modalità di elezione si passò da quella indipendente alla scelta diretta dell’imperatore, o come minimo all’assenso di quest’ultimo. Le persone scelte erano inizialmente laici o ecclesiastici, mentre in secondo momento si preferì la figura del monaco, divenuta obbligatoria nell’epoca tardo-bizantina. Allo stesso modo i rapporti tra imperatore e patriarca potevano essere mutevoli, a volte dettati da giochi di potere e vantaggi politici piuttosto che da teologia o ortodossia della fede. Data l’influenza religiosa a corte, non mancarono patriarchi che presero parte a congiure di palazzo contro gli stessi imperatori, o anche l’effettivo comando durante periodi di interregno.
Un merito – indiscutibile – spetta alla gerarchia ecclesiastica bizantina per il mantenimento, lo sviluppo e la diffusione della cultura dentro e fuori i confini dell’Impero bizantino, anche con l’apertura di scuole superiori: la civiltà bizantina non venne così promossa solo dallo Stato, ma dal suo alter ego della Chiesa.