Storia delle monete greche, romane e bizantine
–Immagine in evidenza: Pompei, Casa dei Vettii, affresco con scena di coniazione–
L’invenzione della moneta è stata una delle più grandi scoperte dell’uomo. Per millenni l’uomo nei rapporti con i suoi simili aveva usato scambiarsi dei beni: il primo passo verso la moneta furono proprio l’usare un bene come unità di scambio e l’utilizzo di materiale metallico grezzo con valutazione del peso. La monete vere e proprie si distinguono per la presenza di segni che ne garantiscono il valore. Esse hanno una storia piuttosto recente se rapportate alla storia dell’uomo: dal VII secolo a.C. sono sempre più diventate legate all’uomo e alle civiltà che ne hanno fatto uso, rispecchiandone sviluppi e regressi, cultura, civiltà, storia, arte.
Evitando il più possibile di citare cifre, pesi e dati metrologici, passiamo ad una “rapida” rassegna di monete che va dalla loro creazione fino al periodo medioevale. Buona lettura!
Monete greche
Non si conosce con esattezza il momento storico in cui si passò dallo scambio di metallo pesato allo scambio di metallo coniato, pertanto non è da escludere che per un certo periodo vi furono più sistemi di scambio. Le prime notizie sulle monete si hanno dai Greci Senofane (VI sec. a.C.) e Erodoto (V sec. a.C.), che attribuiscono questa invenzione ai popoli della Lidia nel VII secolo a.C. Legata alle monete è anche la figura del re di Lidia Creso (561-546 a.C.) che coniò molte monete d’oro e d’argento con impresse le protome di leone e toro. La stessa regione era a suo tempo famosa per le numerose miniere di elettro (lega oro-argento). Da qui la diffusione verso altri popoli, che ne personalizzarono l’impronta: da segnalare i “darici” persiani in oro (chiamati così in onore del re Dario I), recanti l’effige del ritratto del Re dei Re con lancia e arco. Nella regione greca e in quelle d’influenza greca, invece, ogni zecca che emette moneta può essere facilmente identificata con un’entità politica. L’immagine impressa si caratterizza per simboli: tartaruga (Egina), Pegaso (Corinto), civetta (Atene), leone e toro (Akanthos), satiro e ninfa (Thasos), figura seduta (Cizico), toro (Sibari), tripode (Crotone), spiga di grano (Metaponto), delfino (Taranto). Tutte le monete non avevano uno stesso sistema di pesi di base, quindi vi erano differenti pesi e sistemi monetari. Risultarono avvantaggiate le zecche che coniavano in oro, che influenzavano tutte quelle che non lo coniavano, contribuendo a darne una valutazione – a grandi linee – generale.
Il ritratto diviene una vera e propria arte sulle emissioni in oro e argento di Alessandro Magno (356-323 a.C.), rappresentato simile a Ercole. Allo stesso tempo anche l’arte diviene oggetto delle monete, come ad esempio lo statere d’oro (di età ellenistica) che raffigura il tipo statuario della Vittoria, che potrebbe essere lo stesso fatto ad Atene sotto Licurgo.
Monete romane repubblicane
Roma creò la sua prima moneta nel IV sec. a.C., secondo alcune fonti più precisamente intorno al 335 a.C. I vicini di Roma, i popoli italici, presentavano un’eterogenea varietà di emissioni: nel centro Italia (Lazio, Umbria, Piceno) era in uso il bronzo su sistema librale, in Campania bronzo e argento, in Apulia e Calabria il bronzo. Nelle colonie greche invece venivano sempre usate le monete in oro e argento, usate anche in madrepatria.
La prima monetazione romana si basava sempre su sistema librale e fu utilizzato il bronzo. L'”asse” romano coincideva con il peso della libbra latina (273 grammi circa), che veniva poi rapportato alla libbra romana (327 grammi circa). L’asse nel corso degli anni subì tante svalutazioni da pesare solo 27 grammi dopo 118 anni. Nuove monetazioni vennero fatte a cavallo del III e del II sec. a.C.: nel 312 a.C. venne coniata a Capua una moneta destinata ad entrare nei circuiti commerciali magno-greci (basata pertanto sul sistema greco); nel 268 a.C. venne coniata la prima moneta d’argento romana, il denario (corrispondente come valore tra i 10 e 16 assi in rame). Anche il denario era legato al peso della libbra romana, e come le monete precedenti, aveva due sottomultipli. Per i commerci all’estero fu destinato (ai popoli sconfitti) il vittoriato, sempre di argento ma di peso inferiore e di lega qualitativamente bassa: in questo modo Roma imponeva una moneta di basso titolo e minor valore rispetto a quella propriamente romana, composta di argento quasi puro.
L’oro cominciò ad essere coniato soltanto dopo le spedizioni di Giulio Cesare per la conquista della Gallia, che ne assicurò a Roma una quantità tale da battere moneta.
Se la moneta greca, oltre al suo alto livello artistico, aveva un contenuto religioso o mitologico, la moneta romana di età repubblicana aveva una funzione commemorativa e propagandistica. Fino a Giulio Cesare le monete ricordano sempre eventi del passato; poi incominceranno anch’esse a divenire di carattere religioso (Dea Roma – diritto, Castore e Polluce – rovescio, scritta “ROMA”), nelle quali compaiono già sigle di magistrati monetari; infine verranno riportati episodi della storia di Roma come l’allattamento alla Lupa di Romolo e Remo, il ratto delle Sabine, Ulisse, Enea e Anchise, re di Roma, fino a giungere al ritratto di Giulio Cesare, primo di una persona vivente su moneta romana. Il ritratto di Cesare segna una svolta nella monetazione, che passa da una visione del passato ad una visione contemporanea, sia di fatti che di personaggi.
Monete romane imperiali
Augusto riformò in maniera definitiva anche la moneta: creò una moneta aurea di 8 g corrispondente alla 42esima parte della libbra romana, abolì il sesterzio d’argento, introdusse il cistoforo d’argento (prodotto da zecche asiatiche, corrispondente a 3 denarii d’argento). La coniazione venne ripartita a seconda del materiale: oro e argento erano sotto le dipendenze dell’imperatore, il bronzo era di competenza senatoriale.
Ecco ora un quadro semplice e riassuntivo delle monete della prima età imperiale (dopo Augusto):
– Asse in rame. Due multipli (in oricalco, simile a ottone): dupondio (2 assi), sesterzio (4 assi). Sottomultiplo (in rame): quadrante (1/4 d’asse).
– Riforma monetaria di Nerone (65 d.C.): riduzione peso aureo e denario.
– Riforma monetaria di Caracalla (215 d.C.): nuova riduzione di peso; creazione antoniniano d’argento (2 denari).
Dal III secolo in poi la moneta romana conosce un declino sempre maggiore (anche artistico), culminante nel regno Claudio II il Gotico, durante il quale le monete d’argento di argento non hanno altro che un fine strato in superficie (l’interno era in rame). Una leggera ripresa si ha con Diocleziano (introduzione di nuova moneta in rame, il follis). Costantino riforma completamente il sistema (ponendo le basi di quello che sarà il futuro sistema bizantino): creò il soldo d’oro (72esima parte della libbra romana), la siliquia d’argento e il Nummus Centonnalis bronzeo (3 grammi di peso).
Se da un lato delle monete compare il ritratto dell’imperatore, dall’altro vi è una grandiosa varietà di rappresentazioni che testimoniano l’ampliamento degli orizzonti politici, culturali e religiosi dell’Impero come divinità (orientali, simboli del Cristianesimo), culto dell’imperatore, personificazioni di entità astratte (Pace, Fortuna, Pietà, Libertà, ecc.) o di province, monumenti, templi, archi di trionfo, ponti, basiliche, anfiteatri, circhi, flotte, armate…
Invasioni barbariche
Il periodo barbarico è segnato dal crollo definitivo del sistema economico e dalla conseguente non-immissione di nuove monete. Gli invasori crearono delle monete che (almeno idealmente) dovevano imitare quelle romane esistenti. Il primo fu Odoacre, che tra il 476 e il 489 emise monete dalle zecche di Roma e Ravenna. Stessa cosa fecero gli Ostrogoti, tra il 493 ed il 553. Le monete gote, per quanto rozze siano le rappresentazioni, mettono l’effige e il nome degli imperatori d’Oriente. Da segnalare anche le caratteristiche scritte sulle monete, quali FELIX RAVENNA o INVICTA ROMA, che distorcevano la visione storica reale. L’arrivo dei Longobardi è invece segnato da nuove e piccole monete in oro e argento, coniate nei centri di Pavia, Lucca e Benevento.
Monete bizantine
La monetazione bizantina nell’arco di mille anni circa (fino al 1453) assume varie caratteristiche, ma può definirsi a pieno titolo erede di quella romana. La prima differenza è la perdita nel ritratto del carattere realistico e somigliante, la cui iconografia perde espressività. Essa riveste un carattere religioso che mira ad esaltare la cristianità: si notano quasi sempre il segno della croce, la figura del Cristo in trono, la Vergine aureolata, l’immagine divinizzata del Basileus, santi (Giorgio, Teodoro, ecc.).
La monetazione è scarsa di monete d’argento, mentre a volte quella aurea passa all’assumere una forma globulare (spessore inversamente proporzionale alla larghezza della moneta). Le scritte riportate sono in lingua greca. I Bizantini potevano poi contare su un grande numero di zecche, data l’estensione del loro territorio, quali Costantinopoli (la principale), Alessandria, Cipro, Sicilia, Roma, Ravenna.
Le monete bizantine godranno di grande importanza e valore di mercato fino all’epoca delle Repubbliche Marinare.
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