Spartaco: la feroce lotta per la libertà
Pochi Romani potevano immaginare che uno dei nemici più fieri della Repubblica sarebbe giunto dal cuore stesso della sua organizzazione sociale. Pur sottovalutata inizialmente, la rivolta di schiavi, con protagonista il gladiatore Spartaco, generò nella società romana uno stato di panico. La società romana, fondata sulla produttiva attività economica del sistema schiavista, tremò di fronte al nome di Spartaco, che divenne, da quel momento in poi, il simbolo della resistenza all’oppressione.
Tuttavia, Spartaco non pretese mai di diventare un modello; al contrario, la sua lotta era semplicemente volta a conquistare la libertà. A conti fatti, essendo un gladiatore, basava la sua vita su uccidere o morire. Ribellandosi, poté almeno decidere contro chi lottare e come vivere, anche se questo gli costò la vita.
- DIGNITA’. L’espressione trasmette la solennità dell’eroe. La tragedia epica della sua vita plasmò un carattere generoso, preoccupato di salvare a decine di migliaia di persone che lo accompagnarono nella sua avventura.
- CATENE. Il pericolo di tornare alla schiavitù indirizzò i ribelli a preferire la morte alla sconfitta. La cosiddetta guerra dei gladiatori si concluse con la morte di circa 10.000 schiavi.
- ALLENAMENTO. Il durissimo allenamento come gladiatore conferì a Spartaco un’eccellente condizione fisica per affrontare la guerra. Si dice che, ferito a morte, combatté in ginocchio.
- ARMATURA. I gladiatori erano addestrati in palestre specializzate, i ludus. Gli addestratori, chiamati lanistas, valorizzavano le loro attitudini e sceglievano per loro l’armatura più adatta.
le armi degli schiavi ribelli
Nel mondo antico, si sfruttano varie tipologie di gladiatori, ognuna delle quali utilizzava diverse armi che, pertanto, richiedevano abilità differenti nel combattimento. Probabilmente, all’inizio della rivolta, i gladiatori insorti impiegarono le loro armi tipiche da gladiatori, come ad esempio la rete, il tridente, il pugnale, il gladius e l’elmo chiuso. Senza dubbio, le prime vittorie contro le legioni nemiche furono a vantaggio dei ribelli, che ricevettero ben presto ampi rifornimenti composti da magnifiche armi, con le quali poter combattere raggruppati in formazioni di fanteria, proprio come facevano i Romani. Il duro allenamento dei gladiatori, però, aveva ben poco a che vedere con quello realizzato dai legionari; per questo, la disciplina, il rigore e la coordinazione collettiva che richiedeva la fanteria d’urto mise in grande difficoltà i ribelli.
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CASCO. Alla fine dell’epoca repubblicana, il casco dei gladiatori non disponeva di visiera.
- SCUDO RETTANGOLARE. La sua forma ovalizzata lo identifica come un’arma di un gladiatore tracio.
- SCUDO OVALE. Attributo caratteristico dei gladiatori galli, una delle armature più antiche.
- GAMBIERA. Fondamentale nella lotta corpo a corpo per proteggere le gambe durante il combattimento.
- GLADIUS. La spada corta era comune a molti tipi di gladiatori. Costringeva a combattere da brevi distanze.
- SUBLIGACULUM. Una sorta di pantalone colorato era l’unico indumento consentito nell’arena, per mostrare il corpo al pubblico.
- La cresta, a volte sormontata da un pennacchio, era tipica degli elmi dei traci.
- Casco di un gladiatore dell’epoca imperiale, ritrovato a Pompei.
- La visiera chiusa riparava sia dall’attacco nemico sia dalla luce o dalla sabbia.
l’itinerario dei gladiatori ribelli
Spartaco e i suoi seguaci tentarono di abbandonare l’Italia e di fuggire nella Gallia Cisalpina, ma la rivolta fu sconfitta quando i romani riunirono tutte le loro forze sotto il comando di Marco Licinio Crasso.
Per molto tempo, gli schiavi rimasero accampati alle falde del Vesuvio, anche se le successive vittorie li portarono a spostarsi nelle regioni dell’entroterra dell’Italia meridionale. Poiché l’esercito ribelle cresceva, Spartaco decise di andare verso nord, mentre un altro gruppo di schiavi rimase in Puglia; quest’ultimo, messo alle strette dai Romani davanti all’Adriatico, fu vinto sul monte Gargano. Nei pressi di Mutina (l’odierna Modena), Spartaco sconfisse di nuovo di Romani; dopodiché avrebbe potuto dirigersi verso le Alpi, invece si mosse ancora verso sud. Una volta giunto in Calabria, cercò l’aiuto dei pirati cilici, che lo tradirono. In quel momento, Crasso lo accerchiò nell’estremità sud della Penisola. Spartaco cercò di fuggire attraverso l’Adriatico, ma le forze di Lucullo si avvicinarono al porto di Brindisi, mentre Pompeo avanzava a nord della Hispania. Senza più possibilità di fuga, Spartaco avanzò contro Crasso e affrontò il destino fatale nell’ultima battaglia.