Il sacco crociato di Costantinopoli (12 aprile 1204)
I Crociati, ingaggiati dal principe bizantino Alessio IV Angelo per riacquistare il trono ai danni dello zio usurpatore Alessio III ma non liquidati, attaccano Costantinopoli il 12 aprile 1204 e la sottopongono ad un violento saccheggio. L’imperatore Alessio V Ducas, che aveva preso il posto di Alessio IV con una congiura, di vedute anti-latine, fugge dalla città: nel caos generale viene eletto imperatore Costantino XI Lascaris, che ripara con le forze superstiti in Asia Minore, dove fonderà l’Impero (bizantino in esilio) di Nicea. La capitale Costantinopoli viene così violata per la prima volta dalla sua fondazione nel 330 d.C. sotto l’imperatore romano Costantino.
Le pressioni crociate e le usurpazioni al trono (febbraio 1204). L’arrivo a Costantinopoli del corpo di spedizione della Quarta Crociata destabilizzò profondamente la capitale: Alessio III era stato facilmente destituito, e al suo posto ritornò Alessio IV Angelo, che però non aveva – o almeno pensava di avere al suo arrivo in Europa – alcuna possibilità di adempire alle sue promesse. La continua ricerca di fondi generò a sua volta un profondo malcontento popolare che, con tutta la sua forza distruttrice, iniziò una serie di tumulti che portarono al rovesciamento di Alessio IV e all’elezione di un tale Nicola Canabo come nuovo imperatore. Ad approfittare dell’instabilità della capitale fu però il protovestiario Alessio, genero dell’ultimo imperatore, che con un colpo di mano occupò il palazzo imperiale e imprigionò sia Alessio IV che il suo antagonista Nicola Canabo (poi messi a morte), salendo al trono con il nome di Alessio V.
La pianificazione dell’attacco crociato (marzo 1204). La rapida successione di tre imperatori in pochi giorni non mutò però i rapporti con i Crociati e i Veneziani, che meditarono di attaccare la capitale e impossessarsi dello stesso Impero. In un primo momento, si cercò di pianificare al meglio ciò che ne sarebbe stato della conquista: l’assegnazione al trono – scartate sia le ipotesi di salita al trono dell’imperatore tedesco Filippo di Svevia che di Bonifacio del Monferrato – fu rinviata alla conquista della città; furono regolati i rapporti tra Franchi e Veneziani in merito alla spartizione dei territori (tre quarti di Costantinopoli e dell’Impero ai Veneziani; il restante quarto all’imperatore), dell’elezione imperiale (sei elettori veneziani, sei elettori franchi), e dell’alternanza franco-veneziana nelle cariche di imperatore e patriarca (se l’imperatore era franco, il patriarca doveva essere veneziano e viceversa).
Il saccheggio crociato (aprile 1204). In vista dell’imminente attacco, Alessio V prese delle drastiche decisioni: licenziò dall’incarico di funzionario imperiale chiunque gli sembrasse poco affidabile, perdendo l’appoggio dell’aristocrazia cittadina, e impiegò la popolazione per la riparazione delle mura cittadine. La situazione di Costantinopoli sembrava segnata dal punto di vista militare: la città era isolata dal resto dell’Impero, e non potendo giungere truppe dalle province, le speranze dell’imperatore erano riposte tutte nella guardia variaga cittadina. Questa però era per lo più demoralizzata dalle continue rivolte interne o corrotta dai Veneziani per non combattere. I Crociati lanciarono un primo attacco il 6 aprile, venendo respinti con enormi perdite. Un nuovo assalto fu condotto il 12 aprile: l’esito favorevole fu assicurato dall’occupazione crociata del golfo del Corno d’Oro, che affacciava sulla parte di mura cittadine, quella delle Blacherne, per via della conformazione del terreno meno fortificata e più debole. Il crollo di questo settore difensivo, accompagnato da un incendio, compromise l’intera area, permettendo ai Crociati di fare il loro ingresso nella città. Alessio V fuggì con la sua famiglia in Tracia (a Mosynopolis); i nobili rimasti incoronarono a Santa Sofia Teodoro Lascaris, ma persa ogni speranza di successo si imbarcarono alla volta dell’Asia. Nel giro di una giornata l’intera città cadde nelle mani dei Crociati, che la sottoposero ad un brutale saccheggio per i tre giorni successivi. Furono asportate o distrutte numerose opere d’arte accumulatesi nella capitale nel corso di nove secoli: non furono risparmiate nemmeno le chiese, i monasteri, le biblioteche, i libri sacri, le icone, le tombe degli imperatori (specie quelle di Giustiniano e Eraclio)… A patire le conseguenze fu soprattutto la popolazione civile della capitale, oggetto di un immane spargimento di sangue. Lo stesso storico Niceta arriverà a scrivere che i Saraceni sarebbero stati meno rapaci e violenti e più misericordiosi. Il bottino, nonostante le distruzioni, fu immenso (oro, argento, vasi, gioielli, sete, pellicce) al punto che Villeharduin scrisse che “mai, dalla creazione del mondo, era stato preso tanto bottino in una sola città”.
«E c’era ricco vasellame d’oro e d’argento e drappi a trama d’oro e tanti ricchi gioielli che era una vera meraviglia quel bottino (…) infatti, dacché il mondo fu creato, non erano mai stati visti né conquistati tesori così grandi, né così magnifici, né così ricchi, né ai tempi di Alessandro, né ai tempi di Carlo Magno, né prima, né dopo. Neppure io credo, per quanto a mia conoscenza, che nelle quaranta città più ricche del mondo vi siano tante ricchezze quanto se ne trovarono a Costantinopoli» [Roberto di Clari]
Le opere distrutte o asportate. Volendo fare un elenco approssimativo delle principali opere artistiche andate perdute, di seguito ricordiamo (dato che sono ricordate dagli storici che assistettero al saccheggio, ndr) una colossale statua bronzea di Era posta nel Foro di Costantino, una statua di Paride che porge ad Afrodite il pomo della discordia, l’Anemodoulion (statua che si muoveva al soffiare del vento), una statua in marmo di Bellerofonte in sella a Pegaso, le statue in bronzo dell’ippodromo (tra cui una colossale di Ercole, un gruppo statuario proveniente da Azio risalente ad Augusto, un’aquila di bronzo di Apollonio di Tiana… Altre opere furono asportate, come i Cavalli di San Marco (II-III secolo d.C.) e il Monumento ai Tetrarchi (III-IV secolo d.C.) tuttora a Venezia.
Conseguenze. Alla fine del saccheggio la situazione crociata non poteva fattivamente dirsi soddisfacente: i Latini pensavano che avendo occupato Costantinopoli avrebbero avuto facilmente il controllo dell’Impero. I primi a rendersene conto furono i Veneziani che, con molto realismo, rinunciarono ai tre quarti che gli spettavano come da accordi per prendere possesso soltanto di punti strategici facilmente difendibili, ottenuti o qualora ricadenti nelle zone spettanti di diritto o scambiate o vendute dai signori franchi occupanti in cambio di altre regioni. Un altro errore di valutazione latino fu il non-coinvolgimento di Greci e non Greci dell’Impero: i primi sotto la guida di discendenti di imperatori deposti (come Teodoro Lascaris) si organizzarono autonomamente dando vita ai tre Stati – Impero di Nicea, Impero di Trebisonda, Despotato di Epiro – che si considerarono eredi dell’appena caduto Impero; i secondi – di norma nemici dei Greci – si trovarono ben presto nella scomoda situazione di fronteggiare lo stesso Impero latino proprio con l’apporto greco.
In Europa e in Asia la conquista di Costantinopoli fu vista con diverse reazioni: papa Innocenzo di limitò a dare la sua approvazione al neonato Impero e all’imperatore Baldovino, disapprovando comunque sia le atrocità commesse dai Crociati che l’operato del suo legato, mentre numerosi Stati europei prendevano possesso delle innumerevoli reliquie provenienti dalla capitale bizantina. Se in Europa si vide l’esito complessivo della spedizione come un vantaggio per l’affluire di truppe a sostegno dei regni cristiani in Terrasanta, i primi insoddisfatti furono proprio questi ultimi: il legato papale, Pietro di San Marcello, aveva sciolto i Crociati dall’obbligo di raggiungere Gerusalemme, e gli stessi Crociati, al di là del decreto emesso a nome del papa, erano molto restii ad abbandonare la Grecia e gli altri ricchi territori bizantini per recarsi in Siria, scarsamente appetibile dal relativo punto di vista economico.
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