Popoli dell’Italia antica: Gli Enotri.
GLI ENOTRI
…”Terra omnes terrarum alumna eadem et parens…”
Ad introdurre l’articolo è questa citazione di Plinio, Naturalis Historia, all’ interno della quale vi si fanno le odi all’Italia ” …terra madre e al tempo stesso figlia di tutte le altre terre…” La citazione divenne poi il titolo di due volumi realizzati dal Credito Italiano tra la fine degli anni 80, inizi 90, poi riediti dall’ UTET, che raccolgono le popolazione indigene che tra l’età del Bronzo e successivamente del Ferro, si sono stanziate e succedute sulla penisola. I volumi, che fungono da ispirazione per questo articolo, trattano ovviamente la popolazione che oggi andremo a conoscere: quella degli Enotri. Prima di iniziare il nostro excursus, per meglio capire questo ethnos indigeno, andiamo a introdurlo nel suo contesto geografico: il territorio della Basilicata.
LA REGIONE
Il territorio della Basilicata è scandito dalle vallate e dai bacini fluviali dei fiumi Bradano, Basento, Cavone, Agri e Sinni che incidono a ventaglio l’ampio versante ionico, e può essere suddiviso in due aree le quali presentano caratteristiche geomorfologiche ed ambientali tra loro differenti. Da una parte si ha la zona costiera e subcostiera con i terrazzi pleistocenici digradanti verso il mare e i primi bassi rilievi collinari con possibilità di sfruttamento dell’agro metapontino a fini agricoli, dall’altra l’area dell’entroterra montuoso con potenzialità economiche miste agricolo-pastorali.
La distinzione tra le due micro-aree territoriali, se pur molto sintetica, si rivela estremamente utile ai fini della lettura e dell’interpretazione dei processi storici che nella regione si sono sviluppati con continuità a partire dall’età del bronzo, i quali sono caratterizzati dall’interazione dei gruppi umani indigeni, Enotri e poi Lucani, nelle zone dell’interno, la cosiddetta mesogaia, e greci, nella paralia, la fascia costiera, in forma precoloniale e coloniale.
LA TRADIZIONE LETTERARIA E L’ETÀ DEL BRONZO
Gli Enotri sono il popolo meglio noto e conosciuto persino ai Micenei sin dall’età del Bronzo, che viene considerato non originario dell’Italia, ma immigrato dall’Arcadia prima della seconda metà del secondo millennio a.C. Gli Enotri (Oenotrii), costituiscono il secondo grande popolo dell’Italia meridionale insieme agli Ausoni nell’età del Bronzo. Sono considerati dalla tradizione letteraria greca di lontana origine elladica, non autoctoni dunque, ad eccezione del caso di Antioco di Siracusa per quanto riguarda gli autori greci, e rappresenterebbero la più antica migrazione di una popolazione d’origine greca in Italia. Secondo Ferecide di Atene, da Enotro figlio di Licaone, re dell’Arcadia, prendevano rispettivamente nome gli Enotri. Sulla base di questo racconto mitico si soffermò più ampiamente Dionigi di Alicarnasso, il quale precisava che il loro trasferimento dall’Arcadia in Italia sarebbe avvenuto nella diciassettesima generazione prima della guerra di Troia (quindi intorno alla metà del XVII secolo). Diversamente invece, secondo Antioco di Siracusa, gli Enotri erano i più antichi abitanti dell’Italia e rappresenterebbero la base, il cosiddetto “livello zero” della complessa etnografia italica. Accanto alla tradizione letterale greca, esisteva una tradizione di parte italica, sostenuta dal sabino Varrone. Secondo la variatio di matrice italica, Enotro altri non era che un re dei Sabini, ricalcando un’analoga tradizione, ugualmente riportata da Varrone, per quanto concerne l’origine dei Sanniti. Allo stato attuale della ricerca la veridicità della notizia rimane ancora discussa e le voci degli studiosi a riguardo profondamente discordanti: se D’Agostino insiste nel sottolineare la forte affinità culturale riscontrata dai micenei tra Arcadi ed Enotri, rifacendosi al fatto che la leggenda dell’arrivo degli Arcadi in Italia trova un parallelo nella presenza dell’Arcade Evandro sul Palatino, permane nelle posizioni assunte da gli studiosi Pais e Kilian un fondamentale scetticismo che scorge in questa tradizione il tentativo palese di legittimare il diritto di occupazione greca di territori indigeni.
Dunque la frequentazione umana è attestata in Basilicata diffusamente a partire dall’Età del Bronzo. La distribuzione dei siti indigeni mostra che per l’insediamento furono appositamente scelte le grandi vallate fluviali: i fiumi non assicuravano solo la fertilità delle pianure attraversate, ma fornivano anche agevoli vie di comunicazione tra le zone interne e la costa tirrenica. In particolare si constata un’occupazione intensiva dei pianori che rivolgono la fronte verso i corsi d’acqua e che di conseguenza assicurano ottime possibilità di difesa naturale e di controllo del territorio.
Oltre agli Enotri, già a partire dall’età eroica, la tradizione letteraria ricordava i Coni (Chones), ritenuti di stirpe Enotria i quali erano stanziati lungo la fascia costiera, dal golfo di Taranto a Crotone, Metaponto e soprattutto nella Siritide. Sia gli Enotri che i Coni ebbero una continuità di insediamento sin dal II millennio perdurando in piena età storica, tant’è che Strabone ricorda che i fondatori di Siris-Polieion e di Metaponto si imbatterono in queste due popolazioni. Per quanto riguarda l’aspetto della cultura materiale, la civiltà enotria del II millennio viene identificata con le culture “appenninica” e “sub-appenninica” dalla media e tarda età del bronzo. Successivamente dopo una fase caratterizzata da un tormentato periodo di trasformazioni e sconvolgimenti a causa di forti intrusioni esterne e di dissesti economici causati dal crollo dell’impero miceneo, tra la fase tarda e quella finale dell’età del Bronzo (XII-X secolo a.C.), si giunge nella I età del ferro, nella quale la cultura enotria entrerà nella cosiddetta “Cultura delle tombe a fossa” dell’Italia meridionale. Vi sono delle differenziazioni sia per quanto riguarda la tipologia delle tombe, da quelle con fosse semplici (Santa Maria d’Anglona) a quelle con tumuli, sia per quanto riguarda il rituale funerario.
ETÀ DEL FERRO
Durante l’età del Ferro, in Basilicata, si avranno differenziazioni culturali in base alle caratteristiche geo-morfologiche della regione, per comodità ai fini dell’articolo mi limiterò esclusivamente a illustrare ciò che accade lungo la fascia ionica. L’età del Ferro della Basilicata ionica si articola in due fasi cronologiche: la I Fase va dal IX secolo a.C. fino al primo quarto dell’VIII secolo a.C., la II Fase va dal secondo quarto dell’VIII secolo a.C. al primo quarto del VII secolo a.C. Durante la I fase gli insediamenti mostrano una vocazione agricola. La ceramica più comune è quella ad impasto modellata a mano. Ampiamente diffusa è la ceramica di argilla figulina, ornata da motivi geometrici dipinti in bruno-nero su fondo chiaro. Questo tipo di ceramica, inoltre, comprende una delle principali classi di produzione dell’età del Ferro di quest’area: la decorazione con motivi a tenda. Verso la fine della I Fase l’attività agricola si affianca a quella di scambio con le varie comunità indigene, mentre inizia ad avviarsi una differenziazione dei ruoli e la nascita dei primi gruppi aristocratici. Con l’inizio della II Fase si ampliano i commerci anche con i primi coloni ed iniziano a venir importati i primi manufatti esotici di lusso e la ceramica greca e con l’inizio della colonizzazione muta profondamente il sistema insediativo delle comunità indigene tanto da influire sulla cultura materiale e sul contesto sociale.
Per saperne di più sulla colonizzazione greca nel Sud Italia, consiglio la lettura dei miei due articoli sull’argomento, all’interno dei quali curiosità e tanto altro ancora…………
Greci nel Sud Italia I, Greci nel Sud Italia 2
MARTINO IANNIBELLI
Bibliografia:
Omnium terrarum parens, Utet, 1993.
E. De Juliis, Magna Grecia. L’Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana, 1996.
S. Bianco, A. Preite, Identificazione degli Enotri, fonti e metodi interpretativi, 2014