Organizzazione degli spettacoli coregici ad Atene
L’organizzazione degli spettacoli era nelle mani dell’arconte eponimo che si occupava di scegliere un gruppo di cittadini ateniesi particolarmente abbienti e imponeva loro di finanziare queste rappresentazioni drammatiche e non potevano rifiutarsi di farlo, altrimenti andavano incontro a denunce e multe da parte dello Stato. Questi personaggi venivano nominati corego, da Choros+Hegeonoi, colui che guida il coro, e venivano designati tre coregi per finanziare le tragedie, cinque per le commedie e altri dieci per le rappresentazioni liriche (cinque per i fanciulli e cinque per gli adulti). La coregia era definita una liturgia, cioè un servizio pubblico. Ad Atene esistevano vari tipi di liturgie, tipo l’equipaggiamento delle navi e venivano nominati i cosiddetti Trige. Le cerogie erano varie, per le Grandi Dionisie, lenee, anche per le rappresentazioni che si svolgevano durante le Panatenee, le Targelie, feste in onore di Apollo, dove si mettevano in scena canti lirici. L’istituto delle cerogie si fa risalire all’epoca di Clistene e Callistene, quando si approvò la riforma democratica, prima di questa data si facevano tragedie però erano gli stessi autori che si autofinanziavano per mettere in scena le opere ma, siccome erano molto costose, non tutti gli autori erano in grado di sostenere le spese e si pensò bene di affidare alle persone più ricche le spese. La carica di Corego, era un onore agli occhi delle città poiché se ne riconosceva il prestigio. Cosa doveva fare un Corego? Nel periodo precedente le rappresentazioni doveva ospitare e nutrire tutto il cast, il maestro del coro nonché autore, il didaskalos, i coregi, gli attori, i flautisti, in più doveva fornire i costumi di scena, gli abiti e le maschere poi doveva procurare il luogo dove questi potevano andare a fare le prove, il coregeion, infine se nella competizione il cast vinceva doveva offrire un banchetto a tutti, i cosiddetti festini di vittoria, epinkia. Il corego da tutto questo ci guadagnava solo grande visibilità anche se molti cittadini ci tenevano a fare questo servizio specialmente coloro che facevano la vita politica. Si hanno notizie che l’oratore Demostene, si accollò una coregia di canto lirico e spese moltissimo ma siccome era persona intelligente ed accorta si assunse quest’onore perché era utile per la sua carriera.
Il giorno della rappresentazione il corego se ne andava per le strade della città seguito dal suo cast, tutto vestito di porpora, ed una delle soddisfazioni era vedere immortalato nelle liste dei vincitori degli agoni il suo nome perché tutta la città metteva in archivio le liste dei partecipanti a questi agoni. C’è però una differenza, nel caso degli agoni lirici il corego otteneva un tripode di bronzo che doveva subito dedicare al dio Dioniso sempre a sue spese quindi doveva fare un piccolo monumento comprendente questo tripode e questo era il monumento coregico. Alcuni monumenti ci sono pervenuti, ovviamente senza il tripode di bronzo, altri erano molto semplici con basi di marmo circolari dove era posizionato il tripode mentre altri monumenti erano più elaborati anche artisticamente ed ogni monumento recava un’iscrizione che riporta: il nome del corego vincitore, il nome della tribù cui apparteneva il coro, il nome del flautista nonché il nome dell’arconte eponimo per datare il monumento. Tutti questi monumenti erano collocati intorno al santuario di Dioniso e molti sulla Via dei Tripodi. Quello che è meglio conservato è il monumento di Lisicrate, lungo la via, non lontano dal Santuario, presenta una base di pietra quadrangolare su cui sorge una sorta di tempietto circolare, con una serie di sei colonnine corinzie, l’architrave al di sopra delle colonnine ed il tetto, al cui sopra vi è un cespo di foglie e sopra vi doveva essere il tripode di bronzo. Sotto il tetto vi è un rilievo con iscrizione sull’architrave con in rilievo una scena dionisiaca e l’iscrizione dice: “Lysikrates, figlio di Lysitheides, del demo di Kikynna, era corego, la (tribù di) Akamantìs vinceva (nel coro) dei fanciulli, Theon era Flautista, Lysiades ateniese era maestro, Euainetos era arconte”, il monumento si data 335/4 a.C.. Il tema del canto lirico con cui Lisicrate ottenne la vittoria era sicuramente a tema dionisiaco e si può intuire l’argomento in base alla raffigurazione del rilievo: Dioniso seduto su una roccia che trasforma in delfini i pirati che lo avevano tradito con varie scene a raffigurare l’episodio, non mancano i satiri che prendono e inclinano un grande cratere, alcuni cercano di colpire i pirati con fiaccole e bastoni mentre alcuni pirati sono già delfini e si gettano in mare. Del monumento di Nicia invece è stato trovato pochissimo, l’iscrizione, riutilizzata in una costruzione tarda mentre l’altare è stato ricostruito; questo monumento aveva la forma di un tempietto con un colonnato sulla parte anteriore e il tripode doveva essere al centro sopra il frontone a decorare, sull’architrave del tempietto vi è l’epigrafe che si data 320/19 a.C. e dice: “Nikias, figlio di Nikodemos, del demo di Xypetai, dedicò, avendo vinto come corego con la tribù di Kekropìs (nel coro) dei fanciulli, Pantaleon di Sicione era flautista. Il carme (era) l’Elpenore di Timotheos. Neaichmos era arconte”. Non è menzionato il mastro del coro perché non vince con una composizione ma mettendo in scena un’opera del passato poiché, andando avanti nel tempo venivano riproposte le antiche composizioni. Timoteo di Mileto, era noto come poeta/musicista, vissuto tra il 446 e il 357 a.C., e ne viene messa in scena l’opera nel 320 a.C., fu noto come autore di inni e vari componimenti e sappiano dalle fonti antiche che fu un innovatore a livello musicale ma non le conosciamo, inoltre modificò la lira nella sua struttura portandola da 7 a 11 corde. Per le tragedie e le commedie al corego andava solo una corona di foglie, non gli spettava nulla altro, però se vinceva era tenuto comunque a sue spese a fare un’offerta al dio, non un tripode ma un quadro, una pittura ecc.
L’organizzatore come detto era l’arconte eponimo a cui gli autori presentavano i componimenti ed assegnava le opere con sorteggio agli stessi coregi insieme al cast, quindi il corego non poteva scegliere il componimento, se gli toccava una ciociara doveva tenersela. Dopodiché l’arconte nominava i giudici di gara, dodici, estraendoli a sorte tra quanti se ne erano candidati. Aristotele ne “La Costituzione degli Ateniesi” ci dice come funzionava, alla fine della rappresentazione ciascun giudice stilava una classifica, quella secondo lui era l’ordine dei vincitori, e mettevano i loro verdetti in delle urne, alla fine l’arconte estraeva solo cinque di questi verdetti e vinceva chi si era classificato primo più volte. Il giorno prima dell’inizio delle rappresentazioni vi era una cerimonia a cui gli ateniesi tenevano moltissimo, era il cosiddetto Proagon, consisteva nel fatto che i coregi con tutto il gruppo si presentavano al pubblico, nell’Odeion di Pericle, serviva per dare al pubblico notizie sulle rappresentazioni stesse e soprattutto serviva agli attori per farsi vedere dal pubblico senza maschere, molte di queste rappresentazioni non venivano più replicate e potevano essere replicate solo l’anno successivo durante le Dionisie Agresti che si tenevano nei demi. Successivamente a partire dal IV Secolo a.C. venivano messe in scena repliche delle antiche tragedie, spesso anche rimaneggiate, e messo in maggior rilievo il ruolo degli attori. Un’altra cosa importante che veniva fatta durante le Dionisie e che prima delle rappresentazioni vi erano delle manifestazioni di interesse pubblico che si tenevano nel teatro, siccome queste feste erano molte durante il mese di Elafebolione, a marzo, veniva riaperta la navigazione e nel VI Secolo a.C. arrivavano ad Atene gli alleati della lega delio-attiva che portava il phoros, cioè il contributo dei membri, e li portavano o in sacchi o in anfore contenenti ciascun 1 talento, circa 6000 dracme. Un’altra cosa che si faceva prima delle rappresentazioni era la sfilata degli orfani di guerra, erano ragazzini i cui padri erano morti in guerra e sfilavano in armi mentre un araldo proclamava: “Questi sono i figli degli cittadini morti in onore della patria” e lo Stato Ateniese manteneva questi orfani fino alla maggiore età e vi era un fondo stanziato appositamente che veniva conservato nell’antico pritaneo. In questa occasione, gli araldi proclamavano gli onori ai cittadini benemeriti e benestanti nei confronti della città sia ateniesi che stranieri. Un’altra cosa che si faceva era la cosiddetta manomissione, il proclama pubblico della liberazione degli schiavi, da parte dei padroni e quindi era un atto privato e non dello Stato.
Le rappresentazioni duravano in media quattro giorni e mediamente ogni spettacolo durava circa undici ore, gli ateniesi passavano molte ore in teatro e alle Grandi Dionisie potevano partecipare anche gli stranieri e gli stranieri residenti, i meteci, delle donne non si sa della loro partecipazione, gli schiavi non potevano partecipare ma ci andavano ugualmente al seguito del padrone per servirli. Fino all’epoca di Pericle si pagava il biglietto che era pari a 2 oboli al giorno ma non tutti erano in grado di pagarlo e allora Pericle istituì un finanziamento pubblico, mentre altri lo attribuiscono all’epoca successiva, nasce così il Thoerikon, cioè il biglietto gratis per i meno abbienti. Finite le rappresentazioni, i vincitori, i coregi ricevevano la corona di foglie, il tripode di bronzo e il poeta veniva pagato con un compenso dal corego. La città faceva un evento e veniva redatto un registro di partecipanti, dei vincitori, dei coregi, e degli autori che si depositava in archivio. Sappiamo che Aristotele scrisse un’operetta, dal titolo “Didascalie”, fu maestro del suo coro nonché compositore, era un dramma dalle origini fino ad Aristotele ma purtroppo andata perduta. Per comporre l’opera Aristotele, sicuramente consultò i documenti d’archivio del suo tempo. Delle epigrafi riportano gli elenchi dei vincitori degli agoni rivenuti in frammenti nell’area del teatro di Dioniso e si datano IV Secolo a.C., ricordano i vincitori delle epoche precedenti tra cui si trovano Sofocle ed Eschilo. Una delle iscrizioni dice:
La vittoria di Eschilo fu conseguita nel 459/8 a.C. ma l’iscrizione non dice con quale opera vince Eschilo mentre un’altra fonte lo dice, questa fonte era una copia della biblioteca di Alessandria e su quella copia vi era un’introduzione scritta di pugno dal bibliotecario che curava ad esempio la raccolta e nel caso di Eschilo dice: