Le riforme sillane (82-80 a.C.)
Rimasto l’unico padrone sul campo dopo la guerra civile, Silla si fece assegnare a tempo indeterminato la carica di dittatore per la riforma dello Stato. Essa era una carica mai esistita prima dato che la dittatura, secondo il sistema tradizionale delle magistrature romane, poteva durare al massimo sei mesi ed era legata a gravi emergenze militari, che non ne giustificavano quindi il suo utilizzo a scopi politici riformistici. La dittatura, però era, a differenza delle altre magistrature repubblicane, l’unica carica che poteva assicurare piena libertà di manovra. Silla ricoprì questa carica per un periodo relativamente breve, dall’82 all’80 a.C., prima di ritirarsi a vita privata: durante questi tre anni perseguì con spietatezza un programma politico dall’unico obbiettivo, ossia rendere intaccabile il potere dell’aristocrazia senatoria, eliminando se necessario (quasi sempre) qualsiasi altra autorità che potesse minacciarlo, condizionarlo o indebolirlo.
Le liste di proscrizione. Come primo provvedimento Silla si liberò fisicamente degli avversari politici attraverso le liste di proscrizione, degli elenchi di nemici pubblici dello Stato (i populares) che chiunque poteva uccidere, ricevendo una ricompensa. La licenza di uccidere si estendeva anche agli schiavi nei confronti dei loro padroni e ai figli verso i propri padri. La vendetta di Silla si estendeva anche ai figli dei proscritti, che subivano la confisca del loro patrimonio e venivano privati del loro diritto di accedere alle cariche pubbliche. Il provvedimento non si limitò a colpire i soli oppositori politici, ma anche personaggi la cui unica colpa era quella di possedere ingenti ricchezze: i loro beni venivano messi all’asta e ceduti al miglior offerente. I patrimoni di molti aristocratici tardo-repubblicani ebbero questa origine, tra cui quella del futuro triumviro Marco Licinio Crasso. Altri bersagliati furono i cavalieri (ceto equestre), che aveva simpatizzato per Mario nei decenni precedenti; fu beneficiaria delle riforme, e ne uscì quindi indenne, l’aristocrazia senatoria.
La limitazione del potere dei tribuni. Senza gli avversari, Silla procedette alle riforme vere e proprie. Il primo provvedimento tenne conto delle “minacce al potere” che erano venute essenzialmente da due fronti: i tribuni della plebe e i generali al comando dei loro eserciti (tra cui lo stesso Silla). Per i primi, il dittatore limitò fortemente i loro poteri, stabilendo che le loro proposte di legge, prima di essere approvate dai concili della plebe, dovessero passare al vaglio del Senato; inoltre, rese poco attraente la carica di tribuno, stabilendo per chi la ricopriva il divieto di proseguire la carriera politica. Così l’élite popolare fu privata della propria arma più temibile, che dai Gracchi era stata un efficace strumento di pressione sull’oligarchia ottimate. Per i generali invece, fu stabilito l’obbligo di congedare gli eserciti non appena giunti in Italia – corrispondente alla penisola ad eccezione della pianura padana: a nessuno sarebbe stato più possibile, almeno legalmente, quello che lo stesso Silla aveva fatto qualche anno prima, ossia marciare in armi contro Roma.
Il rafforzamento del Senato. Sempre tenendo conto della recente storia repubblicana, Silla non volle ripetere situazioni come quella di Mario, che era stato console per cinque anni consecutivi: pertanto un’altra norma vietò la rielezione al consolato prima che fossero trascorsi almeno dieci anni dal consolato precedente. L’assetto della carriera politica fu ridefinito: fu fissato l’obbligo di ricoprire la questura e la pretura prima di potersi candidare al consolato. L’obbiettivo questa volta era quello di controllare l’accesso alle magistrature più alte e di evitare carriere “facili”. In compenso, ai magistrati minori – a partire dai questori – fu dato il diritto di accedere al Senato, pertanto il numero dei senatori passò da 300 a 600. Sempre ai senatori fu dato il pieno controllo dei processi intentati contro i governatori di provincia.
Dopo aver portato a termine il ciclo di riforme, Silla depose spontaneamente la dittatura e si ritirò a vita privata, morendo subito dopo. La sua convinzione era quella di aver dato un potere duraturo alla sua classe, ma si sbagliava…
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