L’ascesa di Othman I e la nascita dell’Impero ottomano (1302-1389)
La situazione geo-politica in Asia Minore nel XIII secolo. Le campagne crociate e bizantine prima e le invasione mongole poi avevano contribuito a frammentare l’unità politica dell’Asia Minore, fino ad allora tenuta in piedi dal Sultanato di Iconio. La conquista latina di Costantinopoli (1204) e lo spostamento della corte bizantina in esilio a Nicea rafforzarono la presenza imperiale in queste regioni, salvo poi essere messe in secondo piano dalla riconquista della storica capitale, Costantinopoli, nel 1261: da allora il baricentro politico, sotto la restaurazione dei Paleologhi, sarà sempre rivolto verso Occidente. Le fallimentari politiche finanziarie e sociali bizantine contribuirono all’inesorabile decadenza dei piccoli-medi possedimenti terrieri di frontiera, che non furono più affidati a soldati incaricati della loro difesa, ma “feudalizzati” a vantaggio dell’alta nobiltà che li gestiva come latifondi. Intorno al 1300 quasi tutta l’Asia Minore era già caduta in mano ai Turchi, ad eccezioni di alcune grandi città e roccaforti bizantine. Proprio in questo momento storico fa la sua comparsa Othman (Osman), nipote e figlio di due capotribù (primus inter pares) che si erano stanziati in Bitinia, alla frontiera con l’Impero bizantino, a sostegno del Sultanato: sarà proprio Othman a fondare la dinastia degli Ottomani, che avrebbe riunito tutte le stirpi turche sotto un unico scettro e avrebbe assoggettato quelle che fino ad allora erano le principali potenze dell’epoca.
Othman (1258-1326) deteneva il titolo di Bey (signore) e la sua autorità era limitata ad alcuni territori a sud della città bizantina di Prussa (Bursa). L’Impero cercò di assoggettare il piccolo principato di Othman, e pensò di sfruttare per l’occasione degli Alani, che avevano chiesto all’imperatore Andronico II il permesso di stanziarsi entro l’Impero con l’impegno di combattere i Turchi. Nonostante fossero ben 2.000 i soldati a disposizione dell’Impero (su una popolazione migrante di 10.000), le campagne militari alane contro i Turchi andarono male fin dall’inizio, o forse ancora prima che potessero cominciare: al primo scontro, nella battaglia di Bapheus (1302), nei pressi di Nicomedia, i contingenti alani inizialmente si rifiutarono di prendere parte allo scontro, per poi essere duramente sconfitti da una coalizione di principati turchi e costretti a ritirarsi dal campo di battaglia. Per l’Impero, oltre il danno, la beffa: non solo la Bitinia finì in mano ottomana, non solo l’Impero non riuscì a garantire la difesa alle sue piazzeforti nella regione, ma gli stessi Alani durante la ritirata saccheggiarono a loro volta i territori bizantini al confine. Un’ulteriore avanzata verso il Bosforo fu, almeno per il momento, scongiurata dall’arrivo della Compagnia Catalana, un piccolo esercito di mercenari ingaggiato da Bisanzio che sconfisse i Turchi.
Le politiche sociali e religiose ottomane. Per quanto si trattasse solamente di un piccolo Stato, già con il figlio di Othman, Orhan (1284-1359), la conquista non si limita soltanto all’ambito militare. Orhan, da buon sovrano islamico, una volta conquistate le città le forniva di moschee e di scuole, e controllava i suoi domini spostandosi continuamente di castello in castello (alloggiando tuttavia sempre in tenda). I primi successi di Othman diedero al Bey anche l’opportunità di attrarre dall’Asia Minore una moltitudine non solo di guerrieri motivati che combattessero per lui, ma anche di popolazioni islamico-turcofone in fuga dalle invasioni mongole. Un altro aspetto da considerare – che oggi è negato solo dagli storici turchi – è inoltre il rapporto della componente greco-bizantina dei territori occupati con gli Ottomani: una buona parte (popolazione civile) preferì emigrare nell’Impero, mentre un’altra parte (tra cui i governatori e le truppe di frontiera) appoggiò opportunisticamente la nuova dominazione. L’aspetto più innovativo della politica di Othman fu senz’altro il favorire la convivenza delle varie componenti del suo regno (presenziando anche i matrimoni misti), che a lungo termine favorì il processo di integrazione e conversione. La stessa ortodossia islamica fu messa in secondo piano. Sette eretiche (salvo rare eccezioni), confraternite, corporazioni e ordini cavallereschi furono liberi di esercitare la loro attività e, in pieno accordo con il governo centrale, in cambio essi favorivano l’autorità di Othman laddove questa risultava debole.
Espansione in Asia Minore e Balcani nel XIV secolo. Favorita dalla prospera situazione interna e dal sempre più debole potere bizantino, l’avanzata ottomana fu a dir poco spaventosa e ricca di vittorie in un arco di tempo relativamente breve (1320-1390). La prima città a cadere nell’orbita ottomana fu Prussa (Bursa), che cadde dopo quasi dieci anni d’assedio (1327), seguita da Nicea (1329): il tutto senza che giungesse alcun esercito in loro difesa. Nel 1344, a seguito di lotte intestine, anche il Sangiaccato di Karesi cade in mano di Orhan segnando l’affacciarsi degli Ottomani sullo scenario mediterraneo (Mar di Marmara e Mar Egeo). Divenuta la potenza immediatamente ad est dell’Impero bizantino, gli Ottomani presero parte attiva nelle sue guerre civili europee, senza neanche il bisogno di intromettersi, ma venendo chiamati a combattere in territorio europeo al fianco dell’uno o dell’altro pretendente e/o governatore locali come mercenari in cambio di cessioni territoriali: così nel 1354, durante una rivolta contro l’erede al trono bizantino, i Turchi ne approfittarono per occupare Gallipoli e l’Ellesponto. L’occupazione di Gallipoli ha del miracoloso (per i Turchi s’intende): quando i mercenari nel 1356 erano di ritorno in Asia Minore, la città fu colpita da un terremoto che distrusse il castello a guardia dello stretto, che rimasto privo di difese venne occupato senza intoppi. L’Ellesponto (e Gallipoli) fu la porta verso l’Europa: la Tracia venne occupata militarmente (Adrianopoli/Edirne cadde nel 1362) e vi si stabilirono lì emigranti turchi che nel giro di una generazione furono la quasi totalità della popolazione.
I Cantacuzeni, che avevano richiamato proprio loro gli Ottomani in Europa, proseguirono la loro politica filo-turca, mentre altri Bizantini (come i Paleologhi) cercarono di arginare il pericolo turco ma non trovarono aiuto: Giovanni V, in viaggio verso l’Ungheria, fu rapito e tenuto ostaggio dei Bulgari; Stefano Dusan della Grande Serbia annesse buona parte dei Balcani ma morì in viaggio verso Costantinopoli (dove avrebbe voluto reclamare il trono imperiale); le Repubbliche di Genova e Venezia cambiavano continuamente alleanze a proprio vantaggio. L’unico “aiuto” arrivò solo da Roma, ma l’unione delle Chiese fu osteggiata dalla popolazione e si tornò alla situazione scismatica precedente. Il tutto a vantaggio dei Turchi: lo smembramento della Grande Serbia costò la sottomissione del regno, iniziata nel 1371, e resa definitiva dopo le sconfitte di Nis (1387) e Kosovo (1389); la Bulgaria dovette subire un decennio di dominazione ungherese che ne fiaccò le resistenze, tanto che nel 1372 Sisman di Bulgaria fece atto di vassallaggio al figlio di Orhan, Murad, seguito qualche anno dopo dal re di Bosnia. Tutte le truppe dei vassalli (cristiani) finirono per essere impiegate e dispiegate nei territori sotto la dominazione ottomana, usati sia contro gli altri Bey dell’Asia Minore, sia contro gli stessi regni cristiani nei Balcani. Da sottolineare poi che una parte dei rampolli dei nobili cristiani veniva prelevata e cresciuta in maniera islamica presso i centri ottomani, convertendosi e dando vita a dinastie musulmane, mentre molte figlie di sovrani finirono per sposare notabili ottomani volti a rinsaldare i legami vassallatici.
Considerazioni finali. Perché ad un individuo sarebbe convenuto appoggiare la politica ottomana piuttosto che quella di un regno feudale europeo? Proviamo a spiegare tutto con un esempio banale relativo ad un ampia fascia della popolazione del tempo: i contadini. Un contadino balcanico avrebbe dovuto prestare opera (in vario modo) al signorotto locale due giorni la settimana: sotto gli Ottomani invece queste prestazioni lavorative gratuite sarebbero state solo di tre giorni l’anno oltre al tributo del 10% sui redditi (il dhimmi, la tassa per i cristiani) cui sarebbero stati esentati in caso di conversione (anche non sincera). Per questo in molti territori i nuovi invasori furono accolti come veri e propri liberatori. Nel 1365 Murad I dotò poi il nascente “impero” di un corpo militare di elìte, i giannizzeri, che grande merito ebbero nelle grandi battaglie e nei successi ottomani. Anche per chi avesse voluto combattere con loro (gli Ottomani) – vale lo stesso ragionamento dei contadini – i vantaggi derivanti erano più convenienti, al pari delle motivazioni: di un dato bottino solo il 20% (in oro e terra, da Murad in poi anche degli schiavi) spettava al condottiero (norma coranica), mentre la restante parte veniva spartita tra quanti prendevano parte all’azione vittoriosa.
Così, nel 1389, gli Ottomani giunsero sino al Danubio e avevano ultimato l’occupazione dell’Asia Minore fino ad Ancyra (Ankara). E non si sarebbero fermati fermati lì: mancavano, oltre a qualche regione turca ancora autonoma, ancora i principati latini in Grecia (Atene, Epiro, Morea) e i gli ultimi residui bizantini (Costantinopoli, Mistra, Tessalonica, Trebisonda)…
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