La Via Appia, “regina viarum”
La strada prende il nome dal suo costruttore, il censore Appio Claudio Cieco. La via è citata in numerosi autori antichi: si ricordano i frammenti dell’Iter Siculum di Lucilio (Saturae, III), il viaggio di Cicerone da Taranto a Brindisi (Ad Atticum Epistulae, III, 2-7) e la menzione di Strabone (VI, 3, 1); particolarmente suggestivi i racconti di Orazio (Satire, V), di Seneca (De tranquillitate animi, II, 13) e la descrizione ammirata di Procopio (Bellum gothicum I, 14, 7s). Numerosi sono i miliari, molti dei quali ancora in situ, e le epigrafi relative a interventi di restauro. La strada è citata sia nell’Itinerarium Antonini che nella Tabula Peutingeriana, la quale riporta le nuove stationes create da Costantino. Informazioni si ricavano anche dall’Itinerarium Burgalense, dell’Anonimo Ravennate e da Guidone.
Itinerario
La ‘regina viarum’ fu avviata nel 312 a.C. come mezzo di penetrazione, a seguito delle conquiste militari di Roma: la strada di Appio Claudio, che nel primo tratto ricalcava un’antica arteria che collegava Alba Longa alla valle del Tevere, conduceva alla potente città campana di Capua, secondo un percorso di 132 miglia. La prosecuzione fu decisa dopo una serie di eventi, quali la fondazione di Venusia (291 a.C.), la conquista di Taranto, la fine della guerra contro i Sanniti (272 a.C.) e la sottomissione del Salento: il prolungamento fino a Benevento, fu attuato nel 268 a.C. in concomitanza con la deduzione della colonia. Dal 190 a.C. la via arrivò a Venosa e da lì a Taranto e Brindisi, testa di ponte per l’Oriente.
La via Appia, iniziata a porta Capena (Mure Serviane), usciva dalle Mura Aureliane da porta S. Sebastiano o porta Appia e imboccata la valle della Caffarella, giungeva ai Colli Albani. Proseguiva il percorso fino alla valle, attraversando l’antica Aricia e giungendo fino a Cisterna di Latina. In questo tratto l’antica via è ricalcata dalla moderna attraverso la pianura pontina, per ben 40 km. Dalla stazione di Forum Appi, si giunge alla colonia romana di Terracina, di cui costituiva anche l’asse della centuriazione agraria. Da qui la via Appia, aggirando la piana e le paludi di Fondi giunge a Itri; dopo Itri la via antica e l’attuale continuano a coincidere e si giunge a Formia dov’è presente anche un miliario con il numero LXXXIII e la tomba di Cicerone. Seguendo il litorale, il tracciato procedeva in direzione di Minturnae con un rettifilo di 7 km. L’Appia continuava a seguire la costa, superando la palus vescina, nell’agro di Sessa Aurunca, raggiunta tramite una deviazione che proseguiva per Teanum. Il tragitto proseguiva sino all’antica Sinuessa, incrociando il bivio con la via Domiziana. La strada antica doveva continuare in rettifilo per circa 22 km sino a Capua: tratti di basolato sono emersi di recente nelle vicinanze di Brezza, in un’area occupata da numerose ville rustiche. A Capua, un tempo Casilinum, luogo di arrivo della via Latina, l’Appia attraversava il ponte di Volturno di cui rimangono la testata sul lato destro del fiume e resti dei piloni. La via Appia prosegue all’interno di Capua e all’uscita dalla città la strada è ripresa dall’Appia moderna e a ricordo della sua magnificenza restano due monumenti funerari del I secolo a.C., in buono stato di conservazione: il primo, le Carceri Vecchie, a pianta rotonda di ben 22 m di diametro, e più avanti, sulla destra, la Conocchia, dalla caratteristica forma svettante su zoccolo quadrato. Uscita dalla città di Capua, la via si dirigeva verso Caudium (attuale Arpaia), attraversava l’astro paesaggio montano delle Forche Caudine, giungendo a Benevento dove vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell’odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (Mirabella Eclano), come testimoniano fra l’altro sei interessanti cippi miliari conservati nel Museo del Sannio. L’Appia raggiungeva poi il mare a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) fino ad un’importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi. In totale la via Appia è lunga 365 miglia circa, pari a 530 km.