La figura di Ettore, figlio di Priamo
Ettore (‘’Εκτωρ), l’eroe troiano, è figlio di Priamo e di Ecuba, e probabilmente loro figlio maggiore, benché alcune tradizioni (le quali risalgono a Stesicoro) lo considerino figlio d’Apollo. Sebbene Priamo sia il re di Troia, è Ettore il vero detentore del potere sui suoi compatrioti. Dirige a suo piacimento i dibattiti dell’Assemblea, fa la guerra come egli la intende. Molto amato dal popolo, ne riceve onori quasi divini, e tanto gli amici quanto i nemici riconoscono in lui il principale difensone della città. Agamennone cerca di liberarsi innanzi tutto proprio di lui, sapendo bene che non conquisterà la città finché Ettore sarà in vita.
« Ettore, dov’è finito il coraggio che eri solito avere? Ti vantavi di poter difendere la città senza esercito e senza alleati, tu da solo, con i tuoi fratelli e con i tuoi cognati. Non uno soltanto di loro riesco a vedere o a riconoscere, ma come cani s’appiattono intorno al leone; mentre noi combattiamo, noi che siamo solo alleati » |
(Commento di Sarpedonte. Omero, Iliade libro V, versi 472-492, traduzione di Giovanni Cerri) |
La personalità di Ettore è sviluppata soprattutto nell’Iliade. Appare poco nelle epopee cicliche e presso i tragici. Così non conosciamo che le imprese a lui attribuite durante il decimo anno della guerra, il solo raccontato dall’Iliade. Sappiamo che era sposato con Andromaca, figlia del re di Tebe di Milisia, e che da lei aveva avuto un unico figlio, chiamato Astianatte dai Troiani, e Scamandrio dai suoi genitori. Astianatte era ancora giovanissimo alla morte del padre. Una tradizione aberrante menziona un secondo figlio d’Ettore e d’Andromaca, Laodamante, e un’altra ancora un figlio chiamato Ossimo.
Fino all’inizio del decimo anno, Ettore ha evito il combattimento in aperta campagna, almeno quando sapeva Achille fra i Greci. Una volta, Achille ha cercato di raggiungerlo, ma Ettore non l’ha aspettato ed è fuggito fin dentro la città. Invece, quando Achille è assente, fa una grande strage di Greci. Protetto da Ares, fino a che quest’ultimo non è ferito da Diomede, uccide, come si sa, Mneste e Anchialo, poi Teutra, Oreste, Treco, Enomao, Eleno e Oresbio. Ma, di fronte a un contrattacco dei Greci, rientra in città.
« Perché tu tremi di fronte alla battaglia e alla guerra? Se anche noi altri infatti restiamo tutti uccisi accanto alle navi dei Danai, rischio non c’è per te di morire: tu non hai cuore da affrontare il nemico, da batterti in campo. Ma se lascerai la battaglia, o qualcun altro, frastornandolo con le tue parole, distoglierai dalla guerra, perderai all’istante la vita, trafitto dalla mia lancia. » |
(Ettore, Iliade libro XII, versi 244-250) |
Poi, Ettore ritorna a combattere, dopo gli addii ad Andromaca e ad Astianatte. E’ accompagnato dal fratello Paride e provoca a singolar tenzone qualsiasi eroe greco. Menelao si offre, ma è trattenuto da Agamennone. Aiace raccoglierà la sfida. Il combattimento durerà fino a notte senza esito. Sopraggiunta la notte, Aiace ed Ettore si scambiano doni: Aiace dà il cinturone, Ettore la spada.
La parte di Ettore ha maggiore risalto durante l’accatto contro le navi. Tutta la responsabilità della lotta riposa in lui. Occorre, a varie riprese, l’intervento diretto degli dei per impedire ch’egli uccida eroi come Nestore o Diomede. Ma, da parte sua, Apollo lo protegge; devia lontano da lui le frecce di Teucro, e Zeus dà espressamente ordine agli dei e alle dee di lasciargli la vittoria finché Achille non avesse partecipato alla lotta.
Nel momento in cui la situazione diventa assai critica per i Greci, Patroclo, autorizzato da Achille, accorre in loro aiuto. Ma non tarda ad essere ucciso da Ettore, il quale lo spoglia delle armi malgrado lo sforzo dei Greci.
« Lo so che sei forte, ed io di te molto più debole.
Ma, certo, tutto riposa sulle ginocchia degli dei,
se io, per quanto più debole, abbia a strapparti la vita
con un colpo di lancia, perché anche il mio dardo è aguzzo in punta »
(Commento di Ettore, Omero, Iliade libro XX, versi 434-437, traduzione di Giovanni Cerri) |
Gli ultimi istanti della sua esistenza giungono allora con il rientro d’Achille in battaglia. Allorché questi uccide Polidoro, uno dei fratelli di Ettore, quest’ultimo cerca di vendicarlo, ma la sua lancia cade inanimata ai piedi dell’eroe. Il fatto è che il suo destino vuole che niente gli possa contro Achille. Deve morire per mano sua. Per ritardare il momento fatale, Apollo lo circonda per un istante con una nuvola, e Achille lo cerca invano. Però, mentre il resto dell’esercito troiano rientra in città, Ettore rimane, per ultimo, davanti alle Porte Scee. Suo padre e sua madre l’esortano a che ritorni, anche lui, al riparo delle mura. Ma egli non tiene in alcun conto i loro consigli. Aspetta Achille. Tuttavia, allorché quest’ultimo si avvicina, è assalito dalla paura e fugge davanti a lui. Per tre volte, i due avversari fanno il giro della città, inseguendosi reciprocamente, fino al momento in cui Atena, assumendo l’aspetto di Deifobo, invita Ettore a fermarsi promettendogli aiuto. Ma, allorché Ettore accetta il combattimento, fronteggiando il pericolo. Atena scompare ed egli capisce che la sua ultima ora è arrivata. Sull’Olimpo, Zeus ha pesato con la bilancia del Destino la sorte dei due avversari, e quella d’Ettore ha il maggior peso; il piatto è sceso verso l’Ade. Ormai, Apollo abbandona Ettore, e Achille gli sferra l’ultimo colpo. Invano, al momento di morire, Ettore supplica Achille di restituire il suo cadavere a Priamo. Achille rifiuta. Allora Ettore, con la chiaroveggenza dei morenti, gli predice la prossima morte.
(GRC)« μὴ μὰν ἀσπουδί γε καὶ ἀκλειῶς ἀπολοίμην, ἀλλὰ μέγα ῥέξας τι καὶ ἐσσομένοισι πυθέσθαι. » |
(IT)« Ma non fia per questo che da codardo io cada: periremo, ma glorïosi, e alle future genti qualche bel fatto porterà il mio nome. » |
(Ettore, prima dell’ultimo duello contro Achille; Iliade, XXII, 304-305. Traduzione di Vincenzo Monti) |
Achille fora le caviglie del cadavere e l’attacca al suo carro con corregge di cuoio. Lo trascina attorno alla città, sotto gli occhi di tutti i Troiani. Poi, il cadavere è esposto nel campo greco, abbandonato senza protezione ai cani e agli uccelli; gli stessi dei hanno pietà di lui. Zeus manda Iris da Achille e gli ordina di restituire a Priamo il corpo d’Ettore. Priamo, da parte sua, giunge in ambasciata presso l’eroe, e, mediante un forte riscatto, ottiene la restituzione del cadavere del figlio. Per dodici giorni, una tregua consente ai Troiani di celebrare degnamente i funerali del loro difensore. Andromaca, Ecuba ed Elena aprono il corteo funebre.