La contesa dell’eredità imperiale romana tra Franchi e Bizantini
La caduta dell’Impero lascia un vuoto politico in Occidente che, dopo la breve esperienza della restauratio imperii tentata da Giustiniano, viene raccolto dal regno dei Franchi, il cui ruolo “internazionale” verrà riconosciuto nel 800 e sancito dalla Chiesa romana, complice anche il momentaneo “vuoto” politico in Oriente, con l’incoronazione di Carlo Magno come “imperatore dei Romani”. Da qui inizia la contesa tra Franchi e Bizantini, portata avanti su vari aspetti – come vedremo – dagli stessi imperatori, Basilio I e Ludovico II.
Dati i numerosi aspetti che verranno toccati, citiamo il paradigmatico scambio scambio epistolare avvenuto nel’anno 871 tra l’imperatore franco Ludovico II e il basileus Basilio I, nel quale vengono toccati tutti i temi alla base del dibattito. Non siamo in possesso dell’intero epistolario, ma si è conservato – da parte bizantina – esclusivamente un breve riassunto del contenuto della lettera bizantina nel Chronicon salernitanum: riguardo al contenuto della lettera esso però non aggiunge elementi più dettagliati di quelli deducibili dal tono delle risposte fornite da Ludovico II. La lettera di Basilio conteneva precise accuse riguardanti la legittimità del titolo imperiale, alle quali Ludovico rispose puntualmente: l’obiettivo stesso dichiarato all’interno dell’epistola è quello di non tacere di fronte a nessuna delle accuse mosse da parte bizantina, argomentando con risposte precise ogni punto d’accusa. Allo stesso tempo il contenciosus riguardante la legittimità del titolo imperiale occidentale è accompagnato dalla richiesta di aiuto militare rivolta dall’imperatore occidentale al collega bizantino, al fine di concordare un congiunto intervento nel sud Italia contro la presenza saracena.
Questioni religiose e politiche. Una delle principali opposizioni tra Oriente e Occidente era contraddittoriamente lo stesso elemento che le univa, ossia il cristianesimo, i cui rispettivi grandi poli di Costantinopoli e Roma cercavano di avere la meglio l’uno sull’altro. Il primo grande ed aspro conflitto tra le due capitali del cristianesimo è proprio quello del IX secolo: il patriarca Fozio, dopo il concilio costantinopolitano dell’anno 867 che condannò papa Niccolò I, indirizzò una lettera a Ludovico II con la quale proponeva il riconoscimento del titolo imperiale occidentale in cambio dell’appoggio alla scomunica del papa romano. Oltre a questo tentativo di coinvolgimento dell’imperatore occidentale nelle questioni dello scisma di Fozio, i due imperi si trovavano a fronteggiarsi nel sud Italia, dove i tentativi di controllo delle incursioni saracene e l’interesse nella riconquista di alcuni territori assoggettati dagli Arabi, in particolar modo Bari, si intrecciavano inevitabilmente ai concorrenti interessi bizantini e franchi nell’area, suscitando quindi allo stesso tempo rivalità e tentativi di congiunti interventi militari. I complessi rapporti religiosi e politici derivanti dai comuni interessi nell’Italia meridionale si intrecciava anche allo sviluppo di trattative matrimoniali, i quali entrambi il più delle volte non andarono a buon fine.
Diplomazia e titolatura. La lettera di Ludovico si muove così allo stesso tempo su due piani: da un lato egli cerca di creare un’alleanza solida sul piano politico e matrimoniale; dall’altro egli vuole affermare il proprio ruolo paritetico all’interno di quella stessa alleanza, dichiarando la legittimità del proprio titolo imperiale in risposta alle limitazioni e alle accuse precedentemente formulate da parte bizantina. Per questo motivo i toni più polemici della lettera si mescolano a un intenso scambio di formalità aderenti a precisi canoni epistolari: se però Ludovico considera Basilio come un “fratello” (a sottolineare quella parità di ruolo data dal titolo imperiale), Basilio, forte della logica universalistica bizantina, in fondo lo considera “solo” come rex. Sin dal protocollo della lettera la rivendicazione dell’uso del titolo di imperator da parte occidentale è netta: entrambi gli imperatori hanno lo stesso titolo, quindi la polemica sull’unicità del titolo imperiale originata da parte bizantina è quindi confutata. La rivendicazione da parte occidentale non si ferma a semplici evidenze di protocollo: vi è infatti un preciso e puntale elenco delle numerose attestazioni dell’uso del titolo di basileus in testi di varia datazione e tipologia; lo scopo perseguito è quello di negare che l’uso del titolo sia legittimo e attestato unicamente a Costantinopoli, così come quello di rinfacciare l’utilizzo contemporaneo (in riferimento a sovrani e regni) di nuove titolature non presenti né in testi greci né biblici.
Questioni linguistiche. Ludovico accusa l’imperatore bizantino di utilizzare poi termini inesistenti nella lingua latina, o delle traslitterazioni erronee del termine latino rex, invitandolo a mostrare più attenzione. Questo invito è rivolto in toni estremamente critici e piuttosto violenti: il termine all’accusativo è definito «sonus ille barbarus» e l’esortazione a una maggiore finezza linguistica è accompagnata dalla constatazione polemica che «non iam barbarum, sed Latinus est». Inoltre, in un passo successivo, si ritorna sull’evidente incomprensibilità della lingua latina per i Bizantini legando tale fenomeno alla polemica sul titolo imperiale: secondo Ludovico è inconcepibile che l’imperatore bizantino rivendichi a sé il titolo di Romanorum imperator, proponendo una sorta di trasferimento del titolo e della dignità imperiale, ma allo stesso tempo ignorando la lingua latina. Per giunta, Ludovico dà anche un senso filologico al suo ragionamento, affermando nel Nuovo Testamento si sia reso il termine greco basileus con il latino rex e non imperator.
Il vero imperatore tra nuovo e antico. Nello specifico, l’accusa bizantina rivolta all’imperatore occidentale è quella di utilizzare un titolo nuovo, recente, usurpato: Ludovico II, riprendendo presumibilmente un brano della lettera perduta di Basilio I, dà avvio a una dettagliata e strutturata contro-argomentazione a difesa del proprio titolo. Le riflessioni sul concetto di novità e sulla possibile portata negativa di quest’ultimo sono quindi strettamente connesse all’evocazione della figura degli antenati carolingi: da un lato si difende il valore positivo del titolo di Carlo Magno, seppur nel suo aspetto innovativo; dall’altro si insiste con particolare forza sul fatto che la nuova titolatura carolingia, assunta con il gesto celebre del Natale dell’800, abbia raggiunto valore di antichità con il trascorrere del tempo, tanto da essere inserita nelle opere storiografiche come evento storico passato. La questione della novità/antichità del titolo sembra essere un punto particolarmente dolente nelle accuse e risposte tra le due parti; infatti, dopo aver rinfacciato ai Bizantini illeciti tentativi di usurpazione del titolo imperiale ai danni di diverse popolazioni, Ludovico II insiste nuovamente sul proprio caso e sulle accuse ricevute, tornando sempre al suo bisnonno Carlo.
La successione dell’imperatore. Questa insistenza sull’aspetto ereditario è probabilmente derivata dalla confronto tra l’ideologia imperiale bizantina e le pratiche di trasmissione del potere carolingio: il principio della successione ereditaria del titolo è differente in Oriente rispetto all’Occidente. Esistendo successioni imperiali da padre a figlio e vere e proprie dinastie che ininterrottamente hanno governato l’impero bizantino per periodi più o meno lunghi, l’ereditarietà e la discendenza genealogica non sono percepite in Oriente come elementi necessariamente e unicamente legittimanti. La successione imperiale è subordinata piuttosto al principio dell’elettività e della scelta del successore da parte dell’imperatore regnante, che si manifesta nella cooptazione di quest’ultimo al titolo imperiale attraverso l’elevazione alla dignità di Cesare, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo fosse o meno figlio dell’imperatore.
I Franchi e il rapporto con la Chiesa romana. Ludovico inoltre non rinnega di essere imperatore dei Franchi, ma considera tale titolo una condizione preliminare e inscindibile dalla dignità di imperator Romanorum. Secondo quanto affermato da Ludovico II, il titolo imperale è stato assegnato ai Franchi dagli stessi Romani, intesi esclusivamente come abitanti della Roma papale: questi ultimi hanno in primo luogo assegnato ai primi l’autorità per regnare e successivamente quella di imperare. Ne segue un richiamo esplicito alla figura di Carlo Magno, alla sua incoronazione e all’unzione imperiale avvenuta per mano del pontefice: quest’ultimo aspetto del cerimoniale dell’unzione rappresenta quindi un elemento fondamentale in Occidente per la legittimazione della successione imperiale ma costituisce un rituale di intronizzazione estraneo al mondo bizantino. Ludovico II ricorda come gli imperatori bizantini abbiano abbandonato la difesa del papato e come talvolta essi stessi abbiano messo in pericolo la Chiesa romana: la devozione del popolo franco determina quindi necessariamente il particolare legame con il papato, che non si rinnova solo nell’opera di difesa della Chiesa romana e nell’incoronazione e unzione imperiale, ma trova espressione anche nell’attività di conversione promossa dagli stessi Franchi. Gli imperatori bizantini, secondo i Franchi, si sono allontanati dall’ortodossia rinunciando a quell’eredità che allo stesso tempo reclamano: essi hanno cessato di essere imperatori romani perché hanno abbandonato Roma e hanno cercato di trasferire la sede dell’impero, il popolo e la stessa lingua in un altro luogo.
Le affermazioni di Ludovico II non possono che non essere pienamente accettate da parte bizantina: fondamentale per i Romani d’Oriente è la concezione unitaria dell’unico impero creato da Dio e di conseguenza dell’unicità del titolo imperiale.
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