Le due grandi colonne simbolo dei successi e delle vittorie degli imperatori Traiano e Marco Aurelio, tra narrazione e propaganda imperiale.
Colonna Traiana. Alle spalle della Basilica Ulpia, nella piazza tra le due biblioteche il tempio del Divo Traiano dell’omonimo foro, sorge la grande colonna coclide, ideata forse dal famoso architetto Apollodoro di Damasco. La colonna è alta 29,77m (100 piedi, detta per questo anche centenaria), in ordine dorico ma con capitello a fascia sagomata ad ovuli (kyma ionico); poggia su un alto basamento decorato a rilievo con armi accatastate. Sulla fronte vi sono un’iscrizione, sorretta da Vittorie, che commemora l’offerta da parte del Senato e del popolo e testimonia il livello originario del suolo – più alto – prima dell’edificazione, e una porta che conduce ad una piccola cella, dove furono poste le ceneri di Traiano, da cui passando per una stretta scala a chiocciola (di 185 gradini, illuminata da 43 feritoie) si giungeva alla sommità della colonna, dove vi era una statua bronza dell’imperatore.
La colonna è realizzata con 19 blocchi di marmo pario, di cui 18 blocchi, a forma cilindrica, oltre a base, capitello ed abaco. Lungo la superficie del fusto si snoda una fascia continua spiraliforme la cui altezza passa progressivamente – salendo – dai 0,90 ai 1,25m e lunghezza di circa 155, recante una serie di 155 quadri nei quali sono illustrati gli avvenimenti della prima e della seconda campagna militare contro i Daci, dirette dall’imperatore in persona rispettivamente nel 101-102 e nel 105-106 d.C.. Le scene di battaglia o di scontri armati sono intervallati da 12 scene di marcia o di trasferimento delle truppe e da 17 di costruzione di castra, stationes, viae e pontes, organizzando dunque il tutto con un intento topografico e cronico, secondo la tradizione ellenistica della pittura trionfale.
Gli avvenimenti più significativi possono essere riassunti nel seguente modo: importanti dal punto di vista politico (consilium, processione di ornamenta militaria, legatio, deditio, adlocutio, sacrificium, lustratio), dal punto di vista militare (proelium, obsidium, captivi), dal punto di vista propagandistico (tortura dei prigionieri romani presso i Daci, discorso del re Decebalo, suicidio del capi daci, recupero della testa di Decebalo, presa del tesoro reale dacico).
Non mancano le notazioni temporali, che consentono allo spettatore di collocare gli eventi rappresentati in determinati mesi o stagioni, come ad esempio la mietitura (estate) all’inizio dei fregi della seconda campagna o anche la separazione di eventi non immediatamente conseguenti nel contesto delle campagna. La rappresentazione è ininterrotta e le vicende si sovrappongono in ambito spaziale le une alle altre, abbondando in convenzioni prospettive o in scala. I rilievi sono bordati da un’ornamento che si rifà a quello della stoffa, mentre le figure presentano un leggero contorno a solco ottenuto a trapano corrente. I rilievi presentavano originariamente un’abbondante policromia, così come vi erano inserite armi in bronzo o bronzo dorato nelle mani dei combattenti.
Colonna Aureliana. Una colonna molto simile a quella traiana sorse nell’area del Campo Marzio, nel 193 d.C., alla morte di morte di Marco Aurelio, accanto ad un tempio che ne celebrava la divinizzazione insieme alla moglie Faustina. La colonna, le cui misure di fusto, toro e capitello sono le stesse della Colonna Traiana, viene chiamata appunto dalle fonti columna centenaria divorum Marci et Faustinae. Il marmo utilizzato è quello lunense; variano rispetto alla traiana l’altezza (41,95m), i gradini della scala interna (265) e lo sviluppo della base (6,13 di zoccolo e 4,38 di basamento).
Il fregio della colonna aureliana è poi più alto, e quindi gli avvolgimenti sono di meno (21). La statua posta alla sommità del Divo Marco è andata perduta, così come quasi tutto quello che era il fregio che decorava la base: di quest’ultimo si è riusciti a recuperare solo dei frammenti di barbari inginocchiati in atto di sottomissione (del lato N) e degli amorini con festoni (su lato E). Il fregio del fusto si compone di 116 scene che possono essere ripartite in due parti: la prima (55 scene) rappresenterebbe il bellum germanicum (171-172 d.C.) e il bellum marcomannicum (172-173 d.C.), mentre la seconda (61 scene) la sottomissione dei Quadi e il bellum sarmaticum (174-175 d.C.). La struttura narrativa è simile a quella della colonna traiana; compare – elemento unico – la scena di un prodigium, il cosiddetto “miracolo della pioggia”, noto anche alle fonti.
Dal punto di vista stilistico è possibile fare comunque delle considerazioni: la colonna Aureliana risente molto di una certa ansia propagandistica, come il continuo ricorso a scene di dedicationes e captivi, che comportano la trascuratezza di elementi ambientali a vantaggio di elementi esaltanti la presenza imperiale, come la presenza dei generali Pompeiano e Pertinace o di membri del consilium principis. La figura dell’imperatore non è ancora distaccata del tutto, ma è resa in prospettiva e frontale. La rappresentazione è comunque più semplice e più facilmente leggibile nel suo insieme. L’uso del trapano, lieve nella Colonna Traiana, qui è molto più ampio e non si limita ai contorni, ma si estende invece proprio alla realizzazione delle singole figure. Il progetto fu unico con quello dei rilievi aureliani (oggi sull’Arco di Costantino), seppur si tratta di due linguaggi artistici differenti (uno narrativo, l’altro allegorico); l’esecuzione è ad opera di più mani che non furono coordinate nelle realizzazione (aspetto notabile nelle congiunture delle differenti scene).
[X]
Articoli correlati: I rilievi di spoglio dell’arco di Costantino | La ricezione delle scene di battaglia ellenistiche nell’arte romana | ‘III Idus Iunias’ [11 Giugno]: il “Dies Pannoniæ” tra dediche e culto imperiale