La città sepolta di Akrotiri e le sue pitture minoiche
Nel 1967, nell’isola di Santorini, la più meridionale delle Cicladi, nel mar Egeo, l’archeologo Spyridon Marinatos portò alla luce i resti di antichi insediamenti. L’isola, un tempo chiamata Thera, fu abitata da una fiorente civiltà dipendente dalla non lontana Creta. Il livello delle condizioni di vita e dell’arte raggiunse il suo apice tra il 1550 e il 1500 a.C. Intorno al 1500 a.C., preceduto da maremoti e terremoti (di cui si ricorda quello del 1628 a.C. che aveva già a suo tempo distrutto una parte dell’abitato presente), il vulcano dell’isola eruttò facendo inabissare parte delle terre allora emerse e seppellendo sotto metri di cenere la città di Akrotiri. Dagli scavi emergono strade e quartieri che delineano il volto di una città che sembra occupasse una grande area: piazze, larghi e complessi vari compongono la struttura urbanistica della città, le cui case e muri dei palazzi sono alti diversi metri. Ad esempio, un abitato presenta ben tre piani, ognuno avente dieci stanze; il pianterreno ospitava magazzini e laboratori, chiaro segnale della ricchezza della comunità data sia da agricoltura e pesca, sia da commercio e navigazioni.
Lo sviluppo della navigazione contribuì all’incremento dei contatti tra regioni diverse, che – molto precocemente documentato nell’area egea – consentirono alla civiltà minoica di espandersi da Creta alle altre isole: eccezionale a Thera, in questo contesto, fu il ritrovamento di un affresco avente come tema il ritorno di una flotta, nella cosiddetta Casa dell’Ammiraglio.
I dipinti murali trovati a Thera costituiscono un complesso di importanza fondamentale per via del particolare stato di conservazione, nonché per la quantità dei reperti. L’importanza di questi dipinti sta anche nei loro soggetti, che ricalcano i modelli della pitture cretese (di cui si avevano solo pochi frammenti). Il ritrovamento più significativo è il ciclo delle “Raccoglitrici di zafferano” (o “Raccoglitrici di croco“), sviluppato in due stanze su due piani. I soggetti sono diverse fanciulle che, nel raccogliere appunto i fiori dello zafferano, volgono il loro sguardo ad una dea, destinataria delle offerte. La divinità, di cui non si conosce il nome, è seduta su uno scranno ed è stato ipotizzato che questi ambienti avessero una sorta di funzione cultuale.
Le ragazze, oltre a distinguersi per la loro bellezza figurativa, sono ritratte con abbigliamento e acconciature molto ricercate; tutte vestono l’abito in uso anche a Creta, costituito da un corpetto aderente a maniche corte, che si scopriva in corrispondenza del seno. Le acconciature dei capelli sono a coda di cavallo, che sbuca da un foro di una cuffia azzurra dalla quale fuoriesce talvolta qualche ricciolo. La dea, invece, oltre ad essere in una posizione preminente (in alto) rispetto alle raccoglitrici, presenta un abbigliamento molto più elaborato: se l’abito, azzurro, è simile a quello delle ragazze, completamente differenti sono i suoi oggetti ornamentali. Ella infatti ha due bracciali che si ricollegano ad una chiara produzione dell’industria dell’oreficeria: una è composta da piccole oche, l’altra da libellule unite tra di loro per le ali.
La tecnica pittorica seguita dei decoratori delle case di Thera è molto simile a quella dell’affresco: le figure e gli ornamenti erano dipinti sul muro umido con colori di quasi esclusiva origine minerale – come l’ocra, l’azzurro, il nero, il bianco, il rosso, il giallo – per poi essere rafforzati sul muro asciutto con pennellate a secco.
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grazie degli articoli interessantissimi. Seguo con piacere la rubrica di storia romana su fb, e mi piacerebbe seguire anche quelle di storia greca e magna grecia. Ma nn so come fare. Dov e’ il link per la sottoscrizione?
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