La Britannia romana dai tentativi di usurpazione alla «Brexit» del 410 d.C.
La Britannia in età romana non ebbe, come potremmo inizialmente pensare, un ruolo marginale nelle vicende politiche e storiche del continente, ma anzi, la sua posizione costituiva un baluardo contro le invasioni barbariche e allo stesso tempo anche luogo di rivolte contro la stessa autorità centrale. Vediamo nel dettaglio, con cause e conseguenze, le usurpazioni e i tentativi imperialistici partiti dall’isola tra il II e il 410 d.C., anno di abbandono dell’isola da parte delle legioni romane.
Consideriamo innanzitutto i due principali problemi della Britannia del II secolo: a causa delle continue pressioni barbariche provenienti da nord (tra il vallo di Adriano e quello di Antonino Pio), la provincia, corrispondente grossomodo alle attuali Inghilterra e Galles, era presenziata da ben tre legioni che avevano anche il compito di vigilare sul suo ordine interno. Le tre legioni però costituivano un’ottima base per chi, senza scrupoli, avesse voluto tentare la scalata al potere, minacciando la stessa Roma (lasciando allo stesso tempo l’isola indifesa). Se, agli inizi della storia imperiale, troviamo citate nelle fonti soprattutto le legioni danubiane, illiriche o siriane, nel II secolo fanno la loro comparsa, con un ruolo sempre più decisivo nelle sorti dei conflitti, anche quelle britanniche: è il caso dell’usurpazione di Clodio Albino, governatore della Britannia, che alla morte di Pertinace (192) contende il trono a Pescennio Nigro e Settimio Severo. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto il suo rivale nel 196, cercò innanzitutto di limitare il potere dei governatori suddividendo la provincia in Britannia Inferiore e Britannia Superiore: i governatori della prima erano di rango pretorio, quelli della seconda erano di rango inferiore a quelli della Britannia Superiore, ossia di rango consolare.
Una nuova ribellione, come vedremo dalla connotazione molto “nazionalistica”, si ha più di un secolo dopo, con Carausio, comandante della flotta incaricata di vigilare sulle coste della Gallia settentrionale (tra Armorica e Belgica) e della Britannia. Questi, sentitosi minacciato dall’imperatore Massimiano, che avrebbe tentato di eliminarlo, nel 287 si autoproclamò imperatore della Britannia ed approfittando della grave situazione sul fronte renano riuscì a conservare il potere sull’isola sino all’avvento di Costanzo Cloro, che si limitò ad isolare l’usurpatore in attesa di allestire una flotta con cui attaccarlo. Nelle sue monete Carausio si attribuisce i titoli di “Restitutor Britanniae” (“Restauratore della Britannia“) e di “Genius Britanniae” (“Genio della Britannia“), a dimostrazione di come egli abbia fatto leva sul risentimento della popolazione nei confronti del governo di Roma. Il tentativo autonomista di Carausio fu solo l’inizio di una serie di avvicendamenti e conflitti che finirono per interessare tutto l’Occidente: Carausio fu assassinato dal suo tesoriere Allecto, che ne prende il posto e governa l’isola per tre anni; Costanzo Cloro, intanto, nel 297, si decide ad invadere l’isola inviando una spedizione alla guida di un suo generale, Giulio Asclepiodoto, che sconfigge Allecto nei pressi di Silchester prima e a Londra poi, prima di farlo giustiziare.
Dopo 13 anni di ingovernabilità da parte del potere centrale con il tetrarca Costanzo Cloro la Britannia torna così sotto il legittimo governo romano, che ne modifica nuovamente l’organizzazione provinciale: la Britannia Superiore e quella Inferiore verranno divise a loro volta in due province, rispettivamente Maxima Caesariensis e Britannia Prima, e Flavia Caesariensis e Britannia Secunda. La successione per acclamazione da parte delle truppe britanniche di Costantino (figlio di Costanzo Cloro), nel 306, costituisce l’unico episodio di successo di scalata al trono e legittimazione partito dalla Britannia.
Dopo Costantino I, tra gli inizi del IV secolo e i primi anni del V secolo, cercarono senza successo di aspirare dalla Britannia all’Impero ben due usurpatori, la cui ascesa era dovuta a ragioni diverse. Magnenzio, per personale ambizione, consolidò il proprio potere in Occidente – mantenendolo per tre anni (350-353) – ai danni di Costante facendo leva anche su una politica di tolleranza religiosa (da ricordare che la Britannia era in buona parte pagana).
Magno Massimo, ugualmente ambizioso e geloso del successo dell’imperatore in carica, ebbe dalla sua il malcontento di una parte dei Romani della Britannia: da un lato quello dell’esercito, scontento in quanto pagato meno rispetto ai contingenti militari barbarici immessi nelle legioni; dall’altro quello dei cristiani non sentitisi rappresentati dall’imperatore Valentiniano II e da sua madre (che era, come la corte, sostenitrice dell’eresia ariana).
Se Costanzo II e Teodosio riuscirono, con grandi campagne militari, ad evitare la frammentazione dell’Impero, non riuscirono però ad impedirne lo stato di debolezza in cui esso versava al termine dei conflitti interni. Quest’ultima ribellione fu stroncata nel 388, ma questa volta non tutte le truppe furono rimandate in Britannia per sopperire nel continente alle gravi perdite subite dall’esercito romano nella Battaglia di Adrianopoli del 378 e che ora stava cercando disperatamente forze sufficienti per difendere i suoi confini. Nel 401 poi, altre truppe furono ritirate dall’isola e trasferite in Europa per fronteggiare Alarico. La Britannia cercò di reagire nuovamente, agli inizi del V secolo, contro l’autorità romana e l’imperatore Onorio, e le sue province elessero tre usurpatori in meno di un anno (407). I primi due, Marco e Graziano, preferirono rimanere stabili nelle loro posizioni in Britannia, causando lo scontento dell’esercito che avrebbe preferito andare a combattere in Gallia, finendo eliminati dalle loro stesse truppe. Il terzo, Costantino III, assecondò l’esercito e, lasciando l’isola completamente sguarnita (avendo portato con sé tutte le truppe a sua disposizione), mise piede sul continente mirando ad un suo riconoscimento a Roma, dove non riuscì a mettere piede venendo sconfitto in Gallia nel 411.
Come si concluse la “Brexit” nella Tarda Antica? Con un’isola abbandonata a se stessa, la Britannia cercò ugualmente l’appoggio dell’Impero, che però non riuscì a garantire la minima difesa di fronte alle invasioni di Angli, Sassoni e Pitti, avendo problemi più urgenti da affrontare (Unni e Visigoti). Le richieste britanniche quindi, pervenute tra il Rescritto di Onorio (410) e Gemitus Britannorum (446 circa), non furono ascoltate e alla popolazione britannica non restò che fare una cosa (suggerita da Onorio): provvedere ad armarsi da sé per respingere da soli la minaccia barbarica.
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