Il Foro romano e i fori di Cesare e di Augusto
Il riassetto urbanistico del foro romano sotto Giulio Cesare e Ottaviano Augusto.
Il Foro di Cesare. Il Foro di Cesare fu uno dei pochissimi progetti urbanistici, tra molti avviati da Cesare, che il dittatore ebbe l’occasione di inaugurare di persona (il completamento dell’opera è comunque augusteo). Il progetto fu fatto nel 54 a.C. e i lavori iniziarono nel 51 a.C., venendo terminati in tempo per il grande trionfo del 46 a.C. ottenuto per la vittoria di Farsalo, durante la cui campagna militare Cesare aveva fatto voto di dedicare il tempio nel nuovo foro. Il complesso forense sorgeva nell’angolo nord-est del Foro romano, tra il clivus Argentarius e la parte orientale del colle Capitolino. Esso era una grande piazza colonnata su tre lati e racchiusa da un muro perimetrale in peperino che faceva da cornice al grande tempio in marmo di Venere Genitrice (sul lato nord, il lato non colonnato) e ad una statua equestre dello stesso Cesare (al centro della piazza). La parte che dava sul clivus (lato ovest) era segnata dalla presenza di numerose botteghe e ambienti a tre piani collocati tutti sullo stesso asse, disposte di seguito. Il tempio di Venere era periptero sine postico esastilo corinzio, e sorgeva su un alto podio al quale si accedeva attraverso due gradinate laterali. All’interno del tempio, nell’abside, vi era collocata una statua di culto di Venere Genitrice dell’artista greco-neoattico Arkesilas, quadri di Timomaco di Bisanzio e scrigni con collezioni di gemme.
Della struttura originaria del tempo di Cesare restano, oltre al tempio, l’impianto del Foro e parte delle struttura delle botteghe del lato ovest. Un primo restauro che coinvolse il complesso fu ad opera di Traiano, che lo terminò (forse a iniziarlo potrebbe essere stato Domiziano) e inaugurò nel 113 d.C., e lo arricchì notevolmente: il tempio stesso fu arricchito con nuove decorazioni marmoree, il colonnato fu raddoppiato, sul lato occidentale venne aggiunta un’ulteriore struttura porticata (basilica Argentaria). Il secondo restauro, dovuto ai danni recati al complesso da un incendio nel 284 d.C., fu l’occasione per arricchirlo di due archi onorari sul pronao del colonnato; un nuovo restauro del IV secolo coinvolse invece le strutture poste all’estremità dei doppi colonnati. Il modello del Foro di Cesare fu seguito da tutti gli altri fori successivi, che ne replicarono l’impianto l’impianto a piazza colonnata con tempio sul lato minore.
Il Foro romano e la ristrutturazione di Augusto. L’intervento urbanistico avviato da Cesare con la costruzione dell’omonimo Foro, con lo spostamento dei Rostri di Anzio e la scomparsa della Curia Hostilia e della Basilica Porcia, avevano messo Augusto nelle condizioni di mettere in riassetto tutta l’area del Foro. Al posto della Basilica Sempronia venne edificata, sul lato lungo del Foro, una nuova basilica intitolata a Gaio e Lucio Cesare, nipoti di Augusto, circondata da due file di portici ad archi su due ordini. Sul alto opposto, venne anche completata la Basilica Emilia, il cui progetto era stato fatto da Cesare nel 55 a.C. e per la quale i lavori terminarono nel 22 d.C (un incendio nel 14 a.C. rese indispensabile un nuovo intervento). Sui lati corti della piazza, quello a sud vedeva nascere una nuova struttura: l’Aedes Divi Iuli, un tempio ionico esastilo su podio, sulla cui facciata che dava sulla piazza vi erano collocati i Rostra di Azio e un altare che commemorava il luogo di cremazione del corpo di Cesare; accanto vi era poi un arco (di cui parleremo più avanti, ndr). Questi edifici posti sul lato corto della piazza “tagliavano fuori” dalla visuale i vecchi edifici di età arcaica del tempio di Vesta e della Regia. Sotto Augusto fu “ricostruita” anche la Curia, chiamata per l’appunto Curia Iulia, immediatamente ad un altro edificio nel quale vi erano dei bronzi (chalcidicum). Le ultime costruzioni del Foro furono ad opera del successore di Augusto, Tiberio, che sul lato est fece edificare il tempio della Concordia e sul lato ovest il tempio dei Castori (dedicato nel 10 d.C.), dedicato quest’ultimo con l’intento di rievocare una connessione tra i due gemelli Castore e Polluce con Tiberio e Druso. Così, alla fine delle modifiche all’assetto forense iniziate con Cesare, il Foro romano traboccava di edifici o monumenti che celebravano la gens Iulia.
L’Arco di Augusto. Originariamente, nel 29 a.C., l’arco che commemorava la restituzione delle insegne militari strappate a Crasso da parte partica era ad un solo fornice, salvo poi essere dotato, nel 19 a.C., di altri due fornici laterali e commemorare la vittoria di Augusto ad Azio. Nella sua prima fase (partica) il fornice era ornato da due Vittorie alate e sormontato da un attico sopra al quale vi era una quadriga con Augusto in trionfo. I due fornici laterali (passaggi con architrave) erano più bassi di quello centrale e avevano sui loro attici delle statue di Parti sottomessi. Le edicolette nei passaggi recavano le iscrizioni dei Fasti trionfali. Come alcuni monumenti più antichi, anche in questo non vi è ancora realizzata la completa fusione tra i fornici in un unico e compatto organismo, ancora concepiti come le porte urbiche.
Il Foro di Augusto. Oltre ai lavori iniziati da Cesare, Augusto si dedicò anche a delle “proprie” opere, tra cui spicca il tempio di Marte Ultore, promesso in voto a Filippi (42 a.C.) e tenuto come edicola provvisoria sul Campidoglio fino alla fine dei lavori e alla sua inaugurazione (2 a.C.). L’inaugurazione del tempio coincise con quella del complesso forense che sorgeva intorno a questo tempio, il forum Augusti. Questo Foro presenta molte analogie con il Foro di Cesare: anch’esso è dotato di un portico corinzio che circonda su tre lati lo spazio rettangolare, al centro di una statua celebrativa (in questo caso Augusto su una quadriga), così come l’ingresso è posto in asse con il tempio. L’obiettivo propagandistico di quest’opera era quello di agganciare la gens Iulia alla storia stessa di Roma. Ai lati dei portici (sui lati lunghi) vi erano due grandi esedre le cui pareti, come quelle dei portici, era dotate di nicchie sorrette da semicolonne: queste erano dominate dalle statue e dai rispettivi elogi di Enea e di Romolo, circondati dalle statue dei personaggi che avevano reso grande Roma (i summi viri). Il complesso fu arricchito da Claudio con un ambiente di servizio (a nord-ovest) contenente una statua colossale di Augusto e delle tavole di Apelle.
Il tempio di Marte Ultore è di tipo periptero sine postico in colonne corinzie (8×8) con una fila di colonne anche al suo interno fino all’abside, dove su un podio poggiavano le statue di Marte Ultore, di Venere e del Divo Giulio. La decorazione architettonica del tempio si rifaceva al modello greco-classico dell’Eretteo, tra cui figurano le cariatidi (presenti tra l’altro anche nei portici).
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