Il disco di Nebra, la più antica rappresentazione del cielo
Il cosiddetto disco di Nebra, venne rinvenuto nel 1999 da alcuni saccheggiatori di tombe all’interno di una cavità in pietra sul monte Mittelberg, nei pressi della cittadina di Nebra, in Germania.
Il disco di Nebra è una lastra di metallo con applicazioni in oro e risale all’età del bronzo; è considerata la più antica rappresentazione del cielo ed è uno dei più importanti ritrovamenti archeologici del XX secolo.
La piastra metallica ha una forma circolare con un diametro di circa 32 cm, uno spessore di 4,5 mm al centro e 1,7 mm sul bordo, ha un peso di circa 2,7 kg ed è realizzata in bronzo. Le applicazioni in oro presentano una tecnica di lavorazione particolare ad intarsio e sono state aggiunte successivamente con ulteriori modifiche successive. La sua datazione dovrebbe essere compresa tra il 2100 e il 1700 a.C.
Le applicazioni inizialmente erano 32 piccole placche rotonde, e due più grandi: una rotonda e una a forma di falce. Successivamente lungo i bordi destro e sinistro, vennero applicati due archi, detti “archi dell’orizzonte” in oro. In un ultimo tempo è stato aggiunto un altro arco sul bordo inferiore, ancora una volta con oro. Questa specie di barca solare è formata da due linee quasi parallele con sottili tratteggi intagliati sugli angoli esterni.
Il disco di Nebra è stato principalmente esaminato dall’archeologo Harald Meller, dall’astronomo Wolfhard Schlosser e dai chimici esperti in archeologia Ernst Pernicka, Heinrich Wunderlich e da Miranda J. Aldhouse Green, archeologa e studiosa delle religioni dell’età del Bronzo. Secondo l’interpretazione di Meller e Schlosser le placche più piccole rappresentano le stelle, e il gruppo di sette rappresenta forse le Pleiadi visibili nella costellazione del Toro. Si ritiene che le altre 25 non siano astri, ma semplici decorazioni. Il disco maggiore in un primo momento fu considerato il Sole ma anche la Luna, mentre la falce era la luna crescente. L’insieme dei corpi celesti nel cielo ad ovest, poco prima del tramonto, formato a periodi alterni dalle Pleiadi con la Luna crescente e con la Luna piena, nell’età del bronzo coincideva, rispettivamente, con il 10 marzo ed il 17 ottobre; perciò il disco potrebbe essere servito a ricordare il periodo adatto per i lavori dell’agricoltura, dalla preparazione del terreno fino al termine del raccolto.
Le linee curve dell’orizzonte, apposte in un secondo tempo, segnano un angolo di 82 gradi, proprio come quando il sole sorge e tramonta all’orizzonte alla stessa latitudine del luogo di ritrovamento, nel periodo compreso tra i solstizi d’inverno e d’estate. Se dalla collina del Mittelberg si posiziona il disco orizzontalmente in modo che la linea immaginaria tra la parte superiore dell’arco sinistro e la parte inferiore dell’arco destro indichi la cima del monte Brocken (distante circa 80 km), potrebbe fungere da calendario per l’anno solare. Visto dal Mittelberg, nel solstizio d’estate, il sole tramonta proprio dietro il monte Brocken.
L’ipotesi che l’arco destro indichi il tramonto del sole ad ovest, è avvalorata dalla sua vicinanza con la falce inclinata della luna che, nella costellazione menzionata, è illuminata dal sole al tramonto. Rimane ancora incerta l’interpretazione se in questa situazione il disco fosse realmente usato come strumento per riconoscere i solstizi, oppure se indichi soltanto come si potevano distinguere tali fenomeni.
L’ultima aggiunta riguarda un secondo arco dorato formato da due solchi quasi paralleli nel senso della lunghezza e interpretato come la Barca del Sole, presente anche nell’arte figurativa dell’Antico Egitto e di quella minoica. Lungo i bordi, l’arco è circondato da brevi linee intarsiate nel bronzo simili ai remi disegnati su analoghe figure di barche tipiche dell’età del bronzo rinvenute in Grecia e in Scandinavia. Quest’ultimo arco probabilmente non funge da calendario, ma rappresenterebbe il tragitto notturno del Sole da Ovest verso Est. Per il momento non è dato sapere se nell’età del bronzo ci sia stato uno scambio delle culture tra Europa centrale e Medio Oriente. È da escludere comunque la sua provenienza dall’area del Mediterraneo orientale, da dove avrebbe poi raggiunto l’Europa centrale, poiché non vi è alcun dubbio che è stato effigiato nel centro-Europa; perciò, secondo l’opinione degli esperti, si tratta del più antico ed evoluto modello rappresentativo del cielo notturno in ogni epoca, opera di una civiltà mitteleuropea e, di conseguenza, la prima raffigurazione del cosmo nella storia dell’umanità, che anticipa di 200 anni la scoperta del più antico reperto egiziano. Secondo l’archeologa Miranda Aldhouse Green racchiude i simboli di un tema profondamente religioso come il sole, l’orizzonte per i solstizi, la barca del sole, la luna ed altri esemplari particolari di stelle: le Pleiadi. Gli artefici dello scudo hanno voluto sicuramente raggruppare tutti gli altri simboli di culto venuti alla luce anche in diverse regioni europee; esso fa parte quindi di un complesso sistema religioso diffuso in tutta Europa; forse indica un messaggio di fede. L’uomo mitteleuropeo dell’età del bronzo era già in grado di esprimere il proprio credo religioso, (o per lo meno l’essenza della religione) in una forma semplice e pratica.
Lo scopo dei fori laterali non è chiaro; probabilmente servivano a fissarlo, cosa che fa pensare ad un utilizzo del disco anche come oggetto di culto.
Grazie alla grande attenzione dei media le interpretazioni sul ritrovamento di Nebra sono state e sono ancora controverse.
Secondo Alexander Thom il disco potrebbe essere riferibile ad un calendario solare, da lui ricostruito in base all’allineamento di cippi in pietra in Gran Bretagna. Anche per MacKie molti aspetti del disco supportano questa ipotesi, sulla base anche degli studi di W. Schlosser.