I Bulgari di Alcek e la loro migrazione nell’Italia longobarda
L’ingresso dei Bulgari in Italia risale ad un preciso momento storico, nel 664 d.C., quando Grimoaldo, re dei Longobardi, chiama in Italia il condottiero bulgaro Alcek.
A lungo si è pensato che i Bulgari fossero discendenti, o in qualche modo prosecutori degli Unni: in realtà sono distinti dagli Unni poiché questi erano di origine europea. Già nelle più antiche miniature che li ritraggono, risalenti alla fine del IX secolo, troviamo il loro condottiero Simeone, definito con il titolo di Khan: e ciò è significativo, poiché l’appellativo di Khan era utilizzato presso i popoli dell’Asia Centrale; e questi stessi popoli avevano nel loro vocabolario la parola volg (letteralmente “canale”, “fossato), dalla quale deriverebbe il nome del fiume Volga, e da questo il nome “Bulgaria”.
Verso la metà del VII secolo si incontra la figura del Khan Kubrat, originario dell’etnia degli Avari, che unificò le tribù bulgare. Alla sua morte, suo figlio Batbajan affrontò i Cazari che premevano al confine del fiume Don, arrivando poi alla pace con il loro capo Khagan, mentre il fratello di lui, Borteg, si spinse nella regione danubiana.
Tergel, il figlio di quest’ultimo e i suoi successori si spinsero fino in Pannonia, regione abitata in quel periodo dai Longobardi, seguiti dagli Avari, popolazione proveniente anch’essa dall’Asia centrale che godeva dell’egemonia politica e militare verso i suoi vicini).
I Bulgari guidati da Alcek, parte di un gruppo originario molto più numeroso, era sopravvissuto a due massacri: Alcek si era opposto alla subordinazione agli Avari (per poi esserne sconfitto) e aveva stretto alleanza in precedenza con Dagoberto, re dei Franchi, il quale però aveva sterminato gran parte della sua popolazione, tranne 700, che si presentarono al sovrano longobardo Grimoaldo per chiedere protezione. Una volta debellati gli Avari (già nemici dei Longobardi in territorio pannonico) dal nord Italia, Grimoaldo pensò di procurarsi dei mercenari bulgari chiamando in aiuto Alcek; che cambiò dunque il proprio titolo da Khan in gastaldo (l’equivalente longobardo di Khan era duca, a testimoniare una certa subordinazione).
Secondo Paolo Diacono, il re longobardo mandò Alcek e la sua gente, allora stabilitisi nel ravennate, da suo figlio Romualdo, duca di Benevento, il quale concesse ai Bulgari le terre di Sepino, Boiano e Isernia; ma tracce di comunità bulgare si trovano fin nel Cilento. Anche lo storico Procopio di Cesarea attesta di un’ondata migratoria, probabilmente quella di Alcek.
Isernia fu risparmiata dall’occupazione bulgara perché essi prediligevano gli stanziamenti in pianura; al contrario, Boiano presenta segni di frequentazione bulgara. È interessante notare che la colonia di Isernia si protendeva verso il Volturno e non verso il Matese. Nella zona di Vicenne a Campochiaro è stata scoperta una necropoli ai margini del tratturo: tra le sepolture (130), tutte di guerrieri, degna di nota è la tomba n.33, che include anche lo scheletro di un cavallo: un unicum, se si considera che il cavallo non era stato scuoiato, e si trattava di un vecchio stallone da sella (trattasi di un uso tipicamente asiatico).
Grande importanza riveste il centro di Sepino (Saepinum Attilia), come dimostra il rinvenimento di una fibula a staffa risalente alla prima metà del VII secolo.
Nessuno storico longobardo riporta la discendenza di Alcek. Al contrario, il bizantino Teofane, nella sua cronografia, dedica ampio spazio ai Bulgari, riportando anche la genealogia dei Khan.
La composizione del popolo bulgaro, si rivela comunque, ad un’analisi etnografica, più complessa di quanto possa sembrare, specialmente dopo lo stanziamento. Questo vero e proprio palinsesto si può intuire anche dall’onomastica personale, attraverso elementi come l’Evangeliario conservato a Cividale del Friuli proveniente da un monastero sloveno, sul quale venivano scritti i nomi dei visitatori: si incontrano nomi maschili e femminili compresi tra il IX e l’XI secolo, di radice slava, romanza e longobarda, e altri di chiara radice bulgara. Del resto, cognomi di radice bulgara sopravvivono ancora oggi nel Salernitano (Alzari, Truono, ecc.), così come toponimi che suggeriscono (vi sono tuttavia anche alcune ipotesi più attendibili secondo le quali la toponomastica in questo caso non implica la presenza bulgara, come quella di Alcek, ndr) la presenza di comunità bulgare soprattutto nelle zone interne del Cilento, come il monte Bulgheria o il paese di Celle di Bulgheria nei pressi di Vallo della Lucania.
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