Divertimenti pubblici e giochi a Roma
A Roma gli spettacoli pubblici (ludi) si tenevano in occasione delle numerose festività del calendario romano, che si tenevano nei giorni nefasti. I ludi prevedevano in genere tre tipi di spettacoli: rappresentazioni teatrali (scaenici), circo (circenses) e combattimenti gladiatori (munera gladiatoria).
I ludi scaenici erano di origine etrusca, si tenevano in theatri e comprendevano danze e pantomima. Erano preferite, in particolar modo le commedie su modello greco, soprattutto dalle classi più alte della popolazione. Iludi circenses prendevano il nome dal luogo in cui si svolgevano, ovvero il circo: erano corse equestri con carri (biga, triga o quadriga) che dovevano compiere sette giri intorno ad una pista ellittica (arena) delimitata da un muretto centrale, con ai vertici due colonnine, che separava le corsie. Le tifoserie (factiones) erano quattro e ognuna aveva un colore che le distingueva (verde, rosso, azzurro, bianco che stavano a simboleggiare le quattro stagioni). Il circo più famoso è il Circo Massimo (foto).
I giochi sicuramente più famosi, che coinvolgevano una fascia più ampia della popolazione, erano quelli dei gladiatori. Questi giochi derivano dai giochi funebri che si svolgevano presso gli Etruschi. Nel 53 a.C. fu costruito il primo anfiteatro; la struttura di questo tipo che diventerà la più famosa sarà (sotto Tito) l’Anfiteatro Flavio o Colosseo, che poteva contenere 50000 spettatori. I gladiatores, il cui nome deriva dalla spada corta che portano (il gladius), erano combattenti di professione (in genere prigionieri di guerra, schiavi o delinquenti) che dovevano la loro formazione ad apposite scuole di combattimento. Gli eventi erano organizzati da un editor, che annunciava lo spettacolo. Prima di combattere i gladiatori facevano il giro dell’arena e fermatisi davanti alla tribuna dell’imperatore, pronunciavano la formula di saluto “Ave, Caesar, morituri te salutant”. I gladiatori a seconda dell’arma che avevano erano suddivisi in varie categorie: i retiarii (rete e tridente), i Samnites (scudo e spada, armatura pesante), i mirmillones (casco raffigurante un pesce, la murna), i Thraeces (pugnale e piccolo scudo rotondo). Quando un gladiatore ferito chiedeva clemenza alzava l’indice: se il pubblico voleva salvarlo gridava “Mitte!“, se voleva sgozzarlo “Lugula!“; l’ultima parola in merito spettava all’imperatore (o ad un magistrato) che esprimeva la sua bontà (pugno chiuso) o condanna (pollice basso). Gli spettacoli potevano contrapporre gladiatori tra loro o contro bestie feroci. Nonostante la condanna intellettuale, il potere imperiale si servì molto di questi giochi per ottenere il favore del popolo, e non a caso il poeta satirico Giovenale affermava che al popolo interessava solo “panem et circenses“, facendo riferimento anche alle distribuzioni di denaro o cibo che avvenivano in occasione di tali eventi. Una variante dei ludi gladiatorii furono le naumachiae, ovvero battaglie navali che avvenivano o nell’arena allagata o in laghi.
Oltre ai giochi pubblici, vi erano anche una serie svariata di altri giochi e passatempi. Particolare rilievo avevano i giochi d’azzardo, legali solo nel periodo dei Saturnalia, tra cui i dadi (tesserae) e la morra (micatio). Vi erano poi due giochi simili alla dama e agli scacchi (ludus latrunculorum e ludus duodecim scriptorum), che si giocavano su una scacchiera (tabula lusoria) con delle pedine (calculi). Tra le attività sportive era molto apprezzato il gioco della palla, che poteva essere leggera (follis) o di cuoio pesante (pila), e che si svolgeva in locali appositi dettisphaeristeria.
Il passatempo più romano erano le terme, luogo di pubblico ritrovo, aperte sia agli uomini che alle donne e generalmente gratuite se gestite dallo Stato (diversamente si pagava un obolo, il balneaticum). Gli ambienti principali erano: lo spogliatoio (apodyterium); il tepidarium, il frigidarium e il coalidarium che prendevano il nome a seconda della temperatura dell’acqua. C’erano poi locali simile alle saune (laconicum e sudatio) e una piscina (natatio). Le terme sfruttavano il sistema di riscaldamento “a ipocausto”, che faceva diffondere l’aria calda attraverso le pareti e il soffitto. Le terme erano molto diffuse sia a Roma che nei municipi, raggiungendo anche dimensioni architettoniche ragguardevoli, come nel caso delle Terme di Caracalla (undici ettari).