Apollodoro di Damasco
Una delle personalità più influenti nel mondo dell’architettura romana è Apollodoro di Damasco, che introdusse nuovi modelli quali la rielaborazione e l’introduzione dei caratteri formali ellenistici e orientali a Roma.
Apollodoro nacque intorno al 60 da una famiglia siriana ma di origine non greca a Damasco, città nabatea che dal 38 era stata occupata dai Romani. Nonostante il nome greco, le origini di Apollodoro sembrano essere nabatee: la sua conoscenza del greco, probabilmente sua seconda lingua, rispecchiava perciò la volontà di avere una posizione elevata nel mondo romano, come tra l’altro era tenuto a fare qualunque orientale che intendesse acquisire tali posizioni. Il nome – greco – con il quale lo conosciamo potrebbe essere considerato quindi un parallelo assonante dell’arabo Abodat (trasposto Obodes in greco) che era molto diffuso tra i Nabatei che nel secolo precedente avevano avuto ben tre sovrani che portavano questo nome. Altra prova di una conoscenza non-perfetta del greco è la stesura della Poliorcetica o Arte dell’Assedio (Πολιορκητικά), un trattato di ingegneria militare che descrive le macchine belliche usate da Traiano nelle sue campagne militari, molto scarno di linguaggio e di abilità lessicale.
Apollodoro giunse a Roma nei primi anni 90 al seguito di Traiano, il cui padre era stato governatore della Siria e che probabilmente lo notò. È nel regno di Traiano che ritroviamo numerose testimonianze dell’attività di architetto di Apollodoro: egli è autore del ponte sul Danubio, che è raffigurato nelle prime scene della Colonna Traiana, e di numerose altre opere architettoniche come i Mercati (su più piani) e il Foro di Traiano, la Colonna Coclide (primo esempio di monumento trionfale di questo genere), le terme di Traiano e il porto esagonale di Fiumicino.
La genialità di Apollodoro è riscontrabile nelle soluzioni da lui adottate. Per la costruzione del Foro, forse già ideato sotto Domiziano, egli fece sbancare la sella che univa il Quirinale al Campidoglio. Nel suo progetto di definitiva ristrutturazione e ampliamento delle terme di Tito (riadattamento del complesso dei bagni della Domus Aurea) estese l’area di costruzione che arrivò a superare i 100.000 metri quadrati, di cui poco meno della metà occupata dall’edificio centrale; altro elemento innovativo è l’elaborazione di un recinto esterno alla struttura principale con esedra, elementi che sarebbero di lì a poco diventati canonici negli impianti termali romani. Con la progettazione del porto di Traiano, invece, venne finalmente risolto il problema dell’insabbiamento del precedente porto di Claudio: egli fece scavare un secondo bacino esagonale, più interno e riparato, che era collegato da un’imboccatura al porto di Claudio e che era dotato di un faro.
Le fonti antiche non forniscono informazioni sulla figura personale di Apollodoro. L’unica storia tramandata è quella del suo dissidio con Adriano riportata dallo storico Cassio Dione nella sua Storia Romana:
«Adriano dapprima mandò in esilio e poi condannò a morte l’architetto Apollodoro, che a Roma aveva realizzato i vari complessi monumentali di Traiano: il foro, l’odeon, il ginnasio… senza alcun motivo apparente, ma in realtà perché una volta, mentre Traiano discuteva con lui di qualcuno dei suoi edifici, egli rimbeccò Adriano, che li aveva interrotti con alcune osservazioni, dicendogli “Va’ a dipingere le zucché, giacché non capisci nulla di queste cose”. Divenuto imperatore si ricordò dell’antica ingiuria.»
[X]