Alessio Comneno e i signori della guerra turchi in Asia Minore (1081-1097)
All’inizio del suo regno Alessio Comneno aveva trovato un Impero che correva il rischio di essere schiacciato su più fronti: i Normanni avevano attaccato l’Epiro e la Grecia settentrionale (1081), i Peceneghi a nord saccheggiavano a più riprese i Balcani, mentre ad est, nonostante la grave sconfitta patita a Manzikert (1071) contro i Selgiuchidi, la situazione politica era piuttosto stabile grazie alla resistenza organizzata da alcuni generali locali, che controllavano questi territori in nome dell’imperatore bizantino ma che godevano di fatto di un’ampia autonomia decisionale nei confronti del debole potere centrale. Le preoccupazioni maggiori per Alessio, oltre che sul fronte estero, giungevano anche dall’interno, ossia dalla componente aristocratica che tanto cercavano di ritagliarsi uno spazio proprio nella gestione dell’Impero.
Prima di affrontare il tema dei signori della guerra nel suddetto periodo, riteniamo opportuno aprire una piccola parentesi sull’effettiva situazione dell’Asia Minore bizantina alla fine dell’XI secolo. Le fonti sono molto discordanti a riguardo. Da un lato l’Alessiade di Anna Comnena presenta uno scenario disastroso, nel quale l’avanzata turca sembra inarrestabile e lo stesso imperatore incapace di garantire il controllo bizantino sulle province più orientali, dall’altro alcuni dati relativi alla crescita e alla prosperità di alcuni centri danno un quadro per certi versi opposto, quasi come se il racconto di Anna fosse ingigantito o volto a giustificare gli interventi e le decisioni (future) del padre in Asia Minore. Si può affermare comunque con certezza che almeno la parte occidentale di quella che è oggi l’odierna Turchia e le zone costiere fossero saldamente in mani bizantine; inoltre, la loro stabilità giustificherebbe a pieno la mobilitazione di parte degli eserciti locali chiamati a combattere nei Balcani o nell’Epiro.
Tornando ad Alessio, la situazione interna dell’Impero dal momento della sua incoronazione non si prospettava delle migliori: già nella prima settimana di regno era stato costretto a scusarsi pubblicamente con i cittadini di Costantinopoli per i saccheggi seguiti alla sua usurpazione ai danni di Niceforo III, e allo stesso modo dovette riconciliarsi con la potente famiglia dei Ducas dato che sua moglie, Irene Ducas, era stata esclusa dalla cerimonia di incoronazione, vista da questi come un atto oltraggioso.
Solimano (Suleyman). Il problema interno più grave giungeva proprio dall’Asia Minore, nella quale risiedevano i maggiori esponenti dell’aristocrazia terriera, e nella quale – negli anni precedenti – avevano avuto luogo le maggiori insurrezioni contro l’autorità imperiale. Per scongiurare insurrezioni e rivolte, Alessio prese una decisione senza precedenti, che si ripeterà anche in seguito, ossia quella di affidare il potere militare nelle mani di un personaggio non bizantino, bensì turco: Solimano. Solimano era un mercenario turco che aveva cercato e trovato fortuna a Costantinopoli proprio come generale; egli inoltre aveva già combattuto per Alessio nei Balcani occidentali prima della sua chiamata in Oriente. E proprio in Oriente egli – sconfiggendo i rivoltosi aristocratici bizantini – accumulò grandi ricchezze e credito presso l’imperatore giungendo persino a governare in suo nome le zone di confine dell’Impero. Alessio stipulò con lui un vero e proprio accordo, che gli garantiva un valido sostegno militare in caso di necessità, per non parlare della stabilità garantita sul confine orientale, in cambio di enormi ricchezze. Solimano stesso si procurò quindi un grande esercito composto in gran parte da mercenari turchi che mise a disposizione dell’imperatore bizantino, e che a suo nome arrivò – la contraddizione è evidente – a combattere altri Turchi e a strappare loro i maggiori centri nella Cilicia. La definitiva consacrazione di Solimano la si ha quando lo stesso imperatore gli affidò il controllo della grande città di Nicea, un gesto che non mancò di suscitare aspre polemiche tra gli storici dell’epoca.
Filareto Bracamio (Philaretus). Nel 1081 Alessio aveva fatto affidamento su un altro personaggio non-bizantino (armeno) di spicco: Filareto Bracamio. Descritto dalle fonti di quel periodo come un eccellente generale – ricevendo dall’imperatore titoli e responsabilità – ma allo stesso tempo imprevedibile e non disposto a prendere ordini da nessuno (tantomeno da Alessio). Essendosi ritagliato questi un ampio domino (formalmente appartenente all’Impero) che comprendeva anche Antiochia, Melitene ed Edessa, Filareto cominciò a comportarsi in maniera sempre più ambigua: nel 1084 decise (improvvisamente, più per vantaggio che per fede) di convertirsi all’Islam e di riconoscere sui territori che controllava l’autorità del califfo e del sultano anziché quella dell’imperatore. Alessio riuscì comunque a trovare rimedio alle possibili conseguenze catastrofiche cui l’Impero stava andando incontro: inviò ad Edessa e a Melitene i generali Gabriele e Teodoro, mentre ad Antiochia il suo fedelissimo generale Solimano, che riuscì in breve tempo (nel 1085) ad occupare la metropoli per conto dell’Impero con il pieno sostegno della popolazione locale: qui Solimano morirà nel 1086 combattendo contro le truppe di Tutush, fratello del sultano selgiuchide di Baghdad Malik Shah. In seguito, sempre nel 1086, Malik Shah avvierà una serie di trattative e relazioni diplomatiche (non chiarite dalle fonti di entrambe le parti) con Alessio, che permisero all’Impero di recuperare molte posizioni perdute a danno dei Turchi in Asia Minore, cedendo però al sultano Antiochia.
Abul l-Qasim (Amer Apelcasem). Solimano, lasciata Nicea alla conquista di Antiochia, lasciò il governo della città di Nicea ad un suo parente, I-Qasim. Questi, saputa della morte di Solimano, e benché legato da un rapporto di fiducia maggiore nei suoi confronti piuttosto che verso l’imperatore Alessio, cominciò – con le sue truppe turche – ad organizzare una serie di incursioni nelle città e nei villaggi della Bitinia. Verso la metà del 1090 Abul l-Qasim da Nicea si mosse all’attacco di Nicomedia.
I buoni rapporti tra l’imperatore bizantino e il sultano di Baghdad ebbero delle conseguenze importanti anche sul piano politico: se da un lato essi stabilivano le rispettive zone di governo (tramite acquisizioni o cessioni), dall’altro permisero ad essi di arginare il pericolo dei signori della guerra, che si ritrovarono giocoforza a servire a seconda della zona l’autorità legittimata a farlo: i piccoli signori della guerra anatolici furono sbaragliati dagli attacchi congiunti sultano-imperiali o furono integrati (o pagati per integrarsi) nell’apparato militare bizantino, mentre i governatori dei territori passati al sultanato rimasero nelle loro posizioni di potere avute con i Bizantini.
Chaka. Nel 1088 la situazione dell’Asia Minore – ad eccezioni di Nicea – si sarebbe dunque potuta dire nuovamente stabilizzata. Ma non fu così: a Smirne fece la sua comparsa un nuovo personaggio turco, Chaka, che si finanziò una flotta con la quale diede inizio ad una serie di operazioni di pirateria ai danni delle navi bizantine; egli sconfisse poi ripetutamente sia per terra che per mare i Bizantini, riuscendo ad impossessarsi anche di imbarcazioni militari bizantine. Il possesso di una flotta, poi, lo spingeva a colpire anche a lungo raggio, dalle isole dell’Egeo al Bosforo. Nel 1091 Chaka riuscì addirittura ad intercettare e a reclutare un esercito inviato da Malik Shah in sostegno di Alessio.
Danishmend. Sempre nel 1091, un altro carismatico signore della guerra turco si impossessò di una serie di territori tra l’Asia Minore e la Cappadocia, impadronendosi di importanti città come Cesarea e Sebasteia, dando inizio alla dominazione dei Danishmendidi, la cui dinastia regnerà su queste regioni per quasi di un secolo.
Qilij Arslan. Intanto, la situazione a Nicea volgeva al peggio. Abul l-Qasim nel 1094 rischiava di capitolare contro le forze del sultanato turco capeggiate da Barkyaruk – succeduto al padre, assassinato – e cercò di intrattenere delle relazioni con l’Impero bizantino, che si era offerto disposto a comprare Nicea: nonostante le buone premesse, la sorte non volse a favore di Alessio, poiché I-Qasim, appena tornato da una visita a Costantinopoli, venne impiccato dai suoi stessi soldati. Alessio allora si rivolse al fratello di questi, Buldagi, ma fu allora che in città nel 1095 giunse il figlio di Solimano di ritorno dalla reclusione a Baghdad che prese il controllo della città in nome del sultano Barkyaruk.
Con l’Impero sull’orlo del baratro (il problema dell’Asia Minore è solo uno dei tanti, ndr), dopo aver sventato una congiura contro la sua persona, ad Alessio non restò altra scelta che avvalersi dunque di eserciti di persone esperte. All’epoca esisteva solo una fonte di soldati e tecnologie: l’Occidente. Si poneva così una delle premesse per quelle che passeranno alla storia come Crociate.
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