Accadde Oggi: 26 Settembre / Resa e morte di Vercingetorige (52 a.C., 46 a.C.)
I) 52 a.C.: Alesia – Dopo non essere riuscito a spezzare l’assedio romano di Alesia ed essere stato sconfitto ripetutamente nel simultaneo contro-assedio, il re degli Arverni Vercingetorige, a capo della rivolta di tutte popolazioni galliche, si consegna a Giulio Cesare. Tutti gli assediati gallici depongono le armi e vengono fatti prigionieri.
«Vercingetorige convoca l’assemblea e spiega che quella guerra l’aveva intrapresa non per proprio interesse, ma per la libertà comune. E giacché si doveva cedere alla sorte, si rimetteva ai Galli, pronto a qualsiasi loro decisione, sia che volessero ingraziarsi i Romani con la sua morte o che volessero consegnarlo vivo. A tale proposito viene inviata una legazione a Cesare, che esige la resa delle armi e la consegna dei capi dei vari popoli. Pone il suo seggio sulle fortificazioni, dinnanzi all’accampamento: qui gli vengono condotti i comandanti galli, Vercingetorige si arrende, le armi vengono gettate ai suoi piedi. A eccezione degli Edui e degli Arverni, tutelati nella speranza di poter riguadagnare, tramite loro, le altre genti, Cesare distribuisce, a titolo di preda, i prigionieri dei rimanenti popoli a tutto l’esercito, uno a testa.» [De Bello Gallico, VII, 89]
Gli altri resoconti della resa di Vercingetorige consegnatici da autori antichi (Plutarco, Floro, Dione Cassio) indulgono maggiormente all’effetto e alla teatralità della gigantesca figura del re barbaro – come la celebre frase “Hai vinto un uomo forte, o uomo fortissimo”, Habe fortem virum, vir fortissime; vicisti.) –, che nello splendore della sua armatura si inginocchia di fronte a Cesare vincitore. Nel resoconto di Cesare, invece, la scena è concisa, ma essenziale ed efficace: dopo la riunione dei capi, il quadro culmina con Vercingetorige che si consegna e le sue armi che vengono gettate (Vercingetorix deditur, arma proiciuntur, VII, 89, 4)
«Quelli che presidiavano Alesia, dopo aver procurato tanti fastidi a se stessi e a Cesare, alla fine si arresero. Vercingetorige, che aveva diretto tutta la guerra, indossò le sue armi migliori, bardò il cavallo e uscì di gran carriera dal campo; compì un giro attorno a Cesare seduto e poi, sceso da cavallo, gettò le armi, si sedette ai piedi di Cesare e rimase immobile finché fu dato da custodire per il trionfo.» [Plutarco, Vita Caesaris 27, 8-10]
«Vercingetorige, dunque, sarebbe potuto fuggire (infatti non era stato catturato e non era ferito), ma poiché si aspettava, per le relazioni di amicizia strette un tempo con Cesare, di ottenere perdono da lui, venne da lui senza farsi preannunciare. Gli comparve all’improvviso davanti, mentre quello era seduto sul suo scranno, tanto che alcuni ne rimasero impressionati; era, tra l’altro, imponente e si stagliava nello splendore delle sue armi. Si fece silenzio e non disse nulla, ma cadde alle sue ginocchia e stringendo le mani lo supplicava. Questo comportamento suscitò pietà negli altri presenti, sia al ricordo della sua precedente fortuna sia per la commozione provocata alla sua vista. Cesare, invece, lo rimproverò proprio di questo, del fatto che (Vercingetorige) si aspettava di essere risparmiato (avendo infatti dato in cambio dell’amicizia la resistenza armata aveva mostrato tutta la sua mancanza di fedeltà) e per questo non ebbe pietà di lui nemmeno per un attimo ma subito lo fece gettare in catene e, dopo averlo trascinato nel corteo di trionfo, lo fece uccidere.» [Dione Cassio, XL 41]
II) 46 a.C.: Roma – Viene inaugurato il Foro di Cesare, il primo dei Fori Imperiali realizzato nella capitale; viene inaugurato nell’area nord-occidentale del nuovo foro il Tempio di Venere Genitrice, promesso in voto da Giulio Cesare alla dea Venere durante la battaglia di Farsalo. Il suo epiteto allude alla mitica discendenza del dittatore, attraverso Iulo, progenitore della gens Iulia, da Enea, figlio della dea.
III) 46 a.C.: Roma – Lo stesso giorno viene celebrato da Cesare il trionfo per la vittoria sui Galli e la conquista della Gallia. Al trionfo sfilerà ornato di catene anche il re degli Arverni Vercingetorige, tenuto prigioniero da cinque anni a Roma nel Carcere Mamertino. Dopo la celebrazione del trionfo Vercingetorige verrà condannato a morte e strangolato nello stesso carcere.
IV) 574 d.C.: Costantinopoli – Il generale Tiberio (nome completo: Anicio Trace Flavio Costantino) viene nominato co-imperatore (con il nome di Tiberio II Costantino) dall’imperatore Giustino II, diventato – stando alle fonti – folle dopo una sconfitta patita contro i Persiani. La sua nomina a cesare viene favorita dalla moglie di Giustino e reggente dell’Impero, Sofia, che con questi governò di fatto l’Impero facendo le veci di Giustino II.
«Guarda le insegne del potere supremo. Ora stai per riceverle, non dalla mia mano, ma dalla mano di Dio. Onorale, e da esse riceverai onore. Rispetta l’imperatrice tua madre: ora sei suo figlio; prima, eri il suo servo. Non provare piacere nel sangue; astieniti dalla vendetta; evita queste azioni a causa delle quali ho suscitato l’odio pubblico; e prendi l’esperienza, e non seguire l’esempio, del tuo predecessore. Come uomo, ho peccato; come peccatore, anche in questa vita, sono stato severamente punito: ma questi servi, (e noi ci riferiamo ai suoi ministri) che hanno abusato della mia confidenza, e infiammato le mie passioni, appariranno con me davanti al tribunale di Cristo. Sono stato abbagliato dallo splendore del diadema: sii saggio e modesto; ricorda quello che sei stato, ricorda chi sei adesso. Sei intorno a noi tuoi schiavi, e tuoi figli: con autorità, assumi la tenerezza, di un genitore. Ama il tuo popolo come ami te stesso; coltiva gli affetti, mantieni la disciplina, dell’esercito; proteggi le fortune del ricco, soddisfa le necessità del povero.» [Discorso di Giustino II]
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