Accadde Oggi: 24 Ottobre / Seconda Battaglia di Betriacum (69 d.C.)
I) 51 d.C.: Roma – Nasce Tito Flavio Domiziano, figlio terzogenito di Flavio Vespasiano e Flavia Domitilla, imperatore romano dal 81 al 96 d.C. Il luogo della sua nascita è segnato dalla presenza (nella Regio VI, a Malum Punicum) del Tempio dei Flavi.
«Alla battaglia di Bedriaco, prima che iniziasse lo scontro, due aquile avevano cominciato a combattere davanti a tutti, e dopo che una era stata vinta [Otone], ne era apparsa una terza da oriente [Vespasiano], che aveva messo in fuga la vincitrice [Vitellio].» (Svetonio, Vita di Vespasiano, 5.)
II) 69 d.C.: Betriacum, pressi di Cremona – Si affrontano in battaglia gli eserciti fedeli a Flavio Vespasiano e quelli di Aulo Vitellio. Vincono i fedeli di Vespasiano, che dopo questa vittoria ha il via libera per la discesa in Italia verso Roma, dove si trovava l’imperatore Vitellio.
La battaglia si svolge in due momenti distinti: la prima nel giorno del 24 ottobre, la seconda nella notte tra il 24 e il 25. A prendere parte alla battaglia – i pretendenti al trono imperiale erano assenti – sono ben 10 legioni in totale: i “flaviani”, guidati da Marco Antonio Primo, avevano le legioni III Gallica, VIII Augusta, VII Claudia, VII Galbana e la XIII Gemina più la guardia pretoriana (congedata da Vitellio); i “vitelliani”, privi di comandante (il loro precedente generale Cecina era stato destituito per aver patteggiato con Vespasiano), avevano invece le legioni XXI Rapax, V Alaudae, I Italica, XXII Primigenia, IIII Macedonica, sette vexillationes legionarie e varie truppe ausiliarie provenienti da Gallia, Britannia e Germania.
La mancanza di un comandante è il motivo principale della sconfitta vitelliana: le truppe ebbero modo di disporsi a proprio piacimento ed essere facilmente messe in fuga dal nemico “ordinato”. I vincitori, da parte loro, riuscirono a sopperire anche alla scarsa esperienza della legio VII Galbana, ma poterono contare sulla voglia di rivalsa dei più esperti pretoriani.
Dopo essere stati sconfitti in entrambi gli scontri, i vitelliani superstiti trovano rifugio nella vicina Cremona, nella quale era stato incarcerato anche Cecina. Cecina viene liberato e i notabili cremonese si arrendono. La città verrà poi saccheggiata e data alle fiamme e gli abitanti massacrati, nonostante Antonio Primo non avesse dato alcun parere a riguardo: il motivo è da ricercare nell’anno precedente, quando la stessa città – secondo gli assalitori – aveva appoggiato l’altro pretendente Otone.
«Quarantamila armati fecero irruzione in Cremona, con un numero di servi e portatori anche maggiore, gente assai portata alla crudeltà ed ai disordini. Nessuno era protetto dall’età o dal grado. Si consumarono stupri e uccisioni. Uomini e donne vecchissimi erano trascinati come oggetto di ludibrio…Se capitava tra le mani qualche giovane fanciulla di particolare bellezza veniva fatta a pezzi… Qualcuno che portava via denaro o doni votivi d’oro dai templi veniva ucciso da un altro più forte di lui… altri disseppellirono tesori, battendo con verghe e torturando i padroni… soldati provvisti di torce, dopo aver rubato la preda, le lanciavano per divertimento dentro le case…come suole accadere in un esercito dalle parlate e dalle usanze diverse, nel quale si frammischiavano cittadini, alleati e forestieri, anche le passioni erano varie, e chi si credeva lecita una cosa, chi un’altra: e nulla era illecito.» (Tacito, Historiae, III, 33.)
La giornata si conclude quindi con un grande massacro, che “aggirava” l’ordine di Antonio di non fare e tanto meno rivendere nessun prigioniero della città (lo stesso Antonio viene poi accusato di aver ordinato l’incendio). I soldati vitelliani superstiti vengono smistati nelle varie zone e province dell’Impero.
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