Accadde Oggi: 2 Giugno / 455: Sacco vandalo di Roma
1/1) 455 d.C.: Roma – Dopo due giorni di assedio i Vandali guidati da Genserico attaccano Roma col pretesto di vendicare l’assassinio dell’imperatore Valentiniano III per mano di Petronio Massimo che ne aveva usurpato il trono. La stessa moglie di Valentiniano, Eudossia, aveva chiesto aiuto al re dei Vandali.
Al di là del pretesto che Genserico seppe sfruttare ottimamente, facciamo un breve punto della situazione interna romana. I principali protagonisti degli anni precedenti erano tutti stati assassinati: il generale Flavio Ezio, che aveva sconfitto gli Unni di Attila nella battaglia dei Campi Catalaunici, fu fatto assassinare da Valentiniano III a Ravenna; come già detto Valentiniano III a sua volta era stato assassinato da due fedelissimi di Ezio. In tutta questa confusione non fu estraneo Petronio Massimo, che sicuramente non era estraneo a questa scia di morte. Con l’arrivo di Genserico, Petronio Massimo fugge da Roma ma viene linciato dalla folla inferocita, fatto a pezzi e i suoi resti gettati nel Tevere. Alcune fonti riportino si tratti di un assassinio da parte di generali romano-burgundi.
« [Genserico,] giungendo a Roma…, prese possesso del palazzo… […e] fece prigioniera Eudossia, oltre a Eudocia e Placidia, le figlie di lei e di Valentiniano, e, facendo trasportare sulle sue navi una grande quantità di oro e di altri tesori imperiali, salpò per Cartagine, non avendo risparmiato nemmeno il bronzo o qualsiasi altra cosa in tutto il palazzo. Saccheggiò persino il tempio di Giove Capitolino, e fece levare metà del tetto. Ora questo tetto era di bronzo della quantità più fine… Ma delle navi di Genserico, una, che stava trasportando le statue, fu dispersa, essi dicono, ma i Vandali raggiunsero il porto di Cartagine con tutte le altre. » (Procopio, Storia delle guerre, III,5.)
I Vandali ricevettero un ambasceria di Papa Leone I, e con la promessa che non avrebbero distrutto niente o ucciso qualcuno, entrarono dalla Porta Portuense e saccheggiarono per due settimane la città di ogni bene (oro, argento, bronzo, etc.). Oltre al consueto bottino (tra cui figura anche il tesoro del Tempio di Gerusalemme saccheggiato da Tito) portarono con loro a Cartagine anche le statue (poi disperse) e i cittadini romani più in vista della città come ostaggi (tra cui i membri della famiglia imperiale). Molti di questi furono riscattati dal vescovo di Cartagine che, vendendo i beni della Chiesa locale, si occupò del mantenimento, delle cure e delle spese di viaggio per farli tornare a Roma.
[X]