Le malattie dell’uomo della Preistoria
Le ossa provenienti dai ritrovamenti indicano che l’Homo Sapiens Sapiens era piccolo di statura: la specie umana si è sviluppata in altezza solo recentemente, grazie ad una alimentazione più ricca di vitamine ed equilibrata, unita a una migliore igiene e alle cure mediche. Alla nascita l’uomo preistorico poteva essere affetto da malformazioni ossee che a volte possono verificarsi ancora oggi: cattiva disposizione dell’articolazione dell’anca, diverso sviluppo dell’osso, dita delle mani o dei piedi in numero maggiore. La sua vita era breve, in media trent’anni (rari sono i ritrovamenti di scheletri di anziani). Le famiglie dunque erano composte quasi esclusivamente da quelli che oggi considereremo individui “giovani”.
Nel Paleolitico la natalità era molto elevata, cioè nascevano molti bambini: secondo gli studi effettuati, ciascuna donna aveva mediamente otto figli. Nonostante l’enorme quantità di nascite, la popolazione cresceva lentissimamente, per la presenza di una mortalità infantile altrettanto elevata. Si moriva non solo a causa di malattie, ma anche a causa della fame. I nostri antenati, che nel Paleolitico vivevano di caccia, di pesca e di raccolta, si nutrivano tuttavia male, perché nel loro complesso i cibi non fornivano all’organismo una giusta quantità di calorie e vitamine. La loro costituzione fisica era inoltre influenzata dalle condizioni climatiche, dalle quali non trovavano sufficiente riparo nelle grotte o nelle capanne. E infine, l’uomo preistorico conviveva con batteri e parassiti che provocavano numerose malattie contro cui egli non sapeva lottare.
La carie, ad esempio, fece la sua comparsa circa 20.000 anni fa, verso la fine del Paleolitico, e si diffuse ampiamente nel Neolitico. Il motivo della comparsa va ricercato nell’alimentazione a base di cereali, pestati con pietre che lasciavano nella farina numerosi frammenti. Piccole pietre che durante la masticazione corrodevano lo smalto dei denti. Inoltre un’alimentazione di questo tipo – che, in base alla possibilità del tempo, faceva largo uso di strumenti in pietra – favoriva altamente lo sviluppo della carie, perché costituiva il terreno migliore per lo sviluppo della flora batterica.
La farina nell’età neolitica veniva prodotte dalle donne: queste passavano chine lunghe ore al giorno sfregando su una pietra piatta su un’altra appoggiata per terra. Questo lavoro provocava quindi deformazioni nella colonna vertebrale e in altre parti dell’ossatura, e non stupisce pertanto il fatto che gli scheletri ritrovati mantengano tracce di problemi di postura.
Insomma, tra le tante eredità lasciateci dalla rivoluzione neolitica, di due faremmo volentieri a meno: il mal di schiena e il mal di denti…